Se l’Università di Cambridge si affida alla didattica a distanza

Che la didattica a distanza non sia più un tabù è un dato di fatto ma la notizia che l’Università di Cambridge abbia deciso di proseguire con i corsi a distanza fino al 2021 è di quelle destinate a lasciare il segno. All’indomani dell’emergenza coronavirus è stato chiaro come anche una volta tornati alla normalità niente sarebbe stato più come prima ma la strada intrapresa dalla prestigiosa università inglese dimostra l’accelerazione verso una didattica aperta all’impiego delle nuove tecnologie. Il risvolto interessante dell’iniziativa è il dibattito che ha contribuito ad aprire attorno alle nuove modalità di insegnamento. Senza dubbio anche per il livello dei protagonisti si tratta di un confronto in grado di contribuire a porre le varie questioni nei giusti termini e, magari, di fare cadere definitivamente l’idea che lo steccato tra la scuola tradizionale e la didattica a distanza sia insormontabile.

In Italia a far venire meno le riserve verso l’insegnamento a distanza non è stato soltanto il contributo decisivo offerto per permettere di sopperire alla chiusura delle scuole ma la stessa garanzia assicurata a migliaia di futuri insegnanti di poter conseguire i requisiti per accedere al concorso della scuola. Pensiamo soltanto all’acquisizione dei 24 crediti formativi richiesti per partecipare alle classi di accesso: cosa sarebbe successo se le università telematiche, e prime tra tutte eCampus, non avessero assicurato in piena emergenza coronavirus la modalità online per lo stesso esame finale?

Anche per le questioni della didattica vale il principio che da una situazione di emergenza possano essere colte le opportunità per saper raggiungere nuovi traguardi. La chiusura delle scuole ha imposto quella che inizialmente è stata una risposta obbligata, accettata tra mille riserve. Ma oggi anche gli insegnati più legati ai metodi tradizionali hanno sperimentato il grande potenziale offerto dagli strumenti multimediali, che peraltro sono percepiti dai ragazzi come molto più vicini al loro contesto di vita, in cui sono immersi nella dimensione digitale. L’importante è riconoscere la specificità di due realtà, l’insegnamento tradizionale in classe e la didattica a distanza, che non devono essere viste come protagoniste di uno scontro in cui una debba prevalere escludendo l’altra ma da concepire come tra esse complementari. Dalla loro integrazione il mondo della formazione ha solo da guadagnare. Pensiamo solo al capitolo dell’abbandono degli studi o delle migliaia di lavoratori che non potrebbero concludere i tradizionali corsi universitari, per il quale il mondo accademico telematico costituisce una possibilità concreta per conseguire un titolo di laurea. Come ribadiscono gli stessi dirigenti di eCampus nessuno pensa che potranno mai essere sostituite definitivamente le lezioni in classe, che rappresentano un momento di educazione alla vita sociale e al confronto con gli altri che è parte integrante della crescita dei ragazzi. Ma nell’epoca di internet si tratta di imparare a utilizzare le nuove tecnologie mettendole al servizio della propria crescita culturale.

«La lezione online, per essere efficace nei confronti dei discenti più piccoli, deve rispettare i tempi televisivi. Sono da evitarsi rigorosamente, pertanto, gli interminabili monologhi del docente, la programmazione di un numero di ore pari a quello delle lezioni in presenza […]». Sono principi che docenti e studenti dell’Università eCampus conoscono bene ma, come dimostra lo sfogo di un genitore che ha voluto come tanti altri denunciare le difficoltà del proprio figlio nel seguire le lezioni a distanza (la lettera è stata pubblicata sul sito di Tecnica della scuola), sono ben lontani dall’essere recepiti e applicati dalla stragrande maggioranza degli insegnanti. C’è purtroppo un dramma nel dramma che stà rendendo ancora più difficile la situazione che si ritrovano a vivere gli studenti italiani dopo la chiusura degli istituti: l’inadeguatezza degli strumenti e delle risorse per la didattica a distanza e, quando le piattaforme sono a disposizione, la mancata conoscenza degli strumenti digitali da parte della gran parte degli insegnanti. La sezione delle lettere dei siti e dei blog di informazione sulla scuola non è mai stata così affollata come in questi giorni di emergenza coronavirus e il tenore della maggioranza degli interventi di studenti e genitori è lo stesso: la denuncia per i limiti e l’inefficacia delle lezioni on line, che finiscono non solo per avere serie conseguenze sulla formazione ma anche per aggravare lo stato già difficile che anche a livello psicologico stanno vivendo i ragazzi. Il Miur stà correndo ai ripari e la stessa convenzione stipulata con eCampus, attraverso la quale l’università ha messo a disposizione lezioni e materiali didattici, dimostra come l’esperienza e i risultati conseguiti anche in piena emergenza possano costituire un modello da seguire. La strada è comunque lunga ma forse la caduta di un atteggiamento ancora troppo diffuso di ostilità e diffidenza verso le nuove tecniche di insegnamento a distanza è il lato positivo di quello che è uno dei momenti più difficili della scuola italiana. Dobbiamo dirlo: a fronte naturalmente di tanti insegnanti che stanno facendo sforzi enormi per garantire un rapporto di didattico continuativo con i ragazzi, per i ritardi nell’organizzazione delle lezioni a distanza hanno pesato l’impreparazione e le carenze conoscitive anche degli strumenti digitali più semplici. Indicativi della situazione sono gli stessi errori elencati dallo stesso genitore nella lettera, come «sovraccaricare di lavoro gli studenti davanti all’equivalente della Play-Station, equiparare un’ora di lezione in aula ad un’ora di lezione dietro lo schermo». Insomma, non si tratta semplicemente di imparare a gestire piattaforme e applicazioni ma di comprendere la filosofia che sta dietro a un modo di insegnare ben diverso da quello tradizionale impartito sui banchi di scuola. L’auspicio è quello espresso da Bruno Cantarone su Orizzontescuola.it (1 aprile 2020), le cui parole sono la migliore conclusione: «Verrà il tempo in cui, superata l’attuale fase emergenziale, la didattica a distanza che oggi si impone come l’unica percorribile ai tempi del coronavirus, potrà finalmente essere parte legittimata e legittimante della didattica integrata, affiancandosi alla didattica in presenza come modalità altra, non principale ma nemmeno straordinaria, e la libertà di insegnamento avrà allora modo di sprigionare tutte le sue energie nel proporre, valutare e selezionare in sede collegiale gli strumenti più efficaci e funzionali, all’interno dei consueti percorsi istituzionali di progettazione, condivisione e formazione professionale».

 

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