Dopo il forzato isolamento dei primi mesi sei mesi dell’anno che ha causato l’interruzione delle attività scolastiche tradizionali e fatto conoscere ed apprezzare a molti l’utilità e la concretezza della didattica digitale, è iniziato il nuovo anno scolastico. Di fronte all’aumento dei contagi causati dall’allentamento delle precauzioni, c’è una discreta ansia che percorre le aule e le famiglie. Un’ansia pari almeno alla determinazione della comunità di vincere la battaglia con il covid 19 e di tornare finalmente alla normalità. Sono molti gli insegnanti che in questi giorni stanno vivendo una sensazione paradossale e contraddittoria: la consueta voglia di vivere la classe con l’entusiasmo e la complicità del professor John Keating impersonato da Robin Williams nel film “Attimo fuggente” e, allo stesso tempo, la paura di violare le regole che, giustamente, ci costringono al distanziamento fisico per ridurre il rischio di contagio del Covid 19. In questa situazione di apnea accademica e scolastica la sola bussola di cui disponiamo è lo sguardo dei ragazzi mascherati. Gli occhi sono tutto, ma al di sopra di una mascherina rischiano di essere poco e niente e di nascondere il vero stato d’animo degli studenti. Insomma, anche per i prof più esperti la vita nella «nuova normalità» è davvero dura! Ma la storia ci insegna che ogni occasione tragica è fonte di innovazione. Ecco quindi che la resilienza e la creatività ci porteranno a sperimentare. I prof che maggiormente sentono la loro responsabilità di educatore e quelli che meglio si destreggiano con le tecnologie si inventeranno la classe del futuro. Anziché soffermarsi su quegli occhi, si impadroniranno degli strumenti digitali come in molti hanno già fatto durante il lockdown o stanno facendo in questi primi giorni della ripresa delle attività didattiche. La rete, se gestita con l’intelligenza e l’esperienza di un professore, presenta un serbatoio di contenuti fondamentali che sono diventate vere e proprie commodities, e, fattore non trascurabile, offre sicurezza e infinite repliche all’utente. Il momento pedagogico in aula è, per forza di cose limitato e quindi prezioso e deve essere dedicato all’approfondimento non al racconto di quanto si può già sapere attraverso altre fonti, spesso più dettagliate ed esaustive. Il momento in aula deve essere unico nel trasferire contenuti che altrove non si possono imparare e che solo l’esperienza del professore può trasferire. E deve essere dedicato alla certezza che tutti, senza alcuna forma di esclusione, crescano e non solo i più bravi, che lo farebbero anche con un professore mediocre. Ma è impossibile conoscere usi e costumi e spostamenti di ogni studente e delle loro famiglie quindi la frequenza si basa su un rapporto fiduciario. Desta preoccupazione la ripetuta chiusura di scuole e università di paesi come la Germania, la Francia, la Spagna e l’Inghilterra anche se bisogna riconoscere che, al di là delle polemiche, l’Italia si è mossa bene e ha affrontato la riapertura con le cautele necessarie. I professori, anche grazie all’uso sapiente del digitale, diventeranno così dei veri allenatori in grado di stimolare lo studente, anche con percorsi sempre più personalizzati, in tutte le fasi dell’apprendimento. A pandemia estinta, gli studenti toglieranno finalmente la mascherina e con i loro sorrisi e la loro approvazione torneranno ad aiutare i prof a portare in porto con serenità la lezione. Vivremo in una scuola e in un’università pensata finalmente per chi la vive avendo investito non solo in banchi ma anche in una nuova didattica. Oltre ai morti e alla paura, la pandemia, come già successo in passato in altre emergenze, ci lascerà un’eredità fatta di ricerca scientifica e della diffusione di nuovi modi di vivere come lo smart working e le teleconferenze. Novità di fronte alle quali un tempo erano molti a storcere la bocca e oggi al contrario vengono vissute come apporto fondamentale alla conoscenza e ad una green life.
Gaia Lupattelli