Tra gli innumerevoli stop che il COVID ha imposto alla modernizzazione, c’è anche quello alla modernizzazione delle aule, anzi, agli ambienti di apprendimento, come li definisce Indire, l’Istituto nazionale Documentazione, Innovazione e Ricerca educativa che da anni lavora sul superamento del concetto di classe dal punto di vista dell’organizzazione dello spazio.
Dentro questa logica, il banco era il simbolo di una concezione passatista, poco rispondente al modo in cui l’apprendimento e il processo di scambio del sapere oggi è efficace e positivo. Ma il Coronavirus ha rispolverato l’ordine scolastico fondato sul banco. Il Miur, in vista del nuovo anno scolastico, ne ha ordinati 3 milioni, suddivisi a metà tra modello tradizionale e seduta innovativa.
Che cosa sia il banco tradizionale lo sappiamo: all’inizio del Regno d’Italia venivano progettati dagli Uffici tecnici dei comuni e costruiti in loco. Non erano monoposto ma potevano ospitare fino a dieci alunni. Leggio inclinato e seduta a squadra, verranno soppiantati da un prototipo tedesco a tre posti.
L’esigenza di progettare sedute adatte ai bambini la mattina e ai moltissimi studenti adulti della scuola serale trova soluzioni più flessibili sull’impiego del legno di noce e pioppo, un sedile concavo e a volte ribaltabile che accorcia le distanze tra pianale e leggio. Fino al 1988, ognuno va per conto suo. A Torino la sperimentazione è particolarmente approfondita, tanto che oggi, quella ricerca ha dato origine ad un Museo del banco scolastico dal cui sito abbiamo attinto molte delle informazioni che qui riportiamo e che se la materia vi incuriosisce vi consigliamo di consultare.
Poi il Ministero, come oggi il MIUR con il bando da 3 milioni di banchi, detta la regole: per asilo ed elementari a due posti, gli altri ordini a tre.
Nel Novecento si cambia ancora, mentre Maria Montessori, sperimentando il suo Metodo, inizierà a criticare la funzione del banco e di altre regole che non aiutano la libera espressione degli studenti “dentro le regole”, si introduce il “banco a catena” e con più successo il banco-tavolo, che, come dice la parola, era costituito da un tavolino in miniatura con una sedia.
Questo modello, leggio in formica verde mela, tubolari di metallo curvato per le gambe di tavolo e sedia, è quello che le generazioni dagli anni Settanta in poi hanno conosciuto e sarà quello definitivo, pur convivendo per decenni con reperti di banco monoblocco muniti anche di foro per il calamaio. In molte realtà classe tenderà a tornare a due, tre, a file orizzontali, per affiancamento spontaneo o per esigenze di socializzazione. Il banco come unità di misura da combinare ha avuto una lunga vita anche se accompagnata da una corrente di pensiero critica verso l’organizzazione dello spazio fondato su questo elemento.
Su questo la sezione Architetture scolastiche di Indire sta sviluppando da tempo una riflessione, che proprio partendo dalle teorie montessoriane, ha già introdotto ambienti di apprendimento alternativi e pubblicato a livello europeo un manifesto vero e proprio dove si legge: “Per molto tempo l’aula è stata il luogo principale dell’istruzione scolastica; gli altri spazi erano strumentali o accessori alla sua centralità. (…)L’aula tradizionale costituisce uno strumento didattico ormai troppo rigido e inadeguato alle esigenze formative attuali che invece necessitano di spazi polifunzionali e modulari”. Rimandando al sito, dove i materiali sono disponibili integralmente, sintetizziamo la proposta di Indire che si chiama “1+4 spazi educativi per il nuovo millennio”: il primo è quello del gruppo classe aperto verso la scuola e verso il mondo. Il secondo sono gli spazi della scuola complementari, non più subordinati, agli ambienti della didattica quotidiana: l’Agorà, lo spazio informale, l’area individuale e l’area per l’esplorazione.
Numerosi esempi di edilizia scolastica hanno incluso nella progettazione anche gli ambienti di apprendimento alla luce del Manifesto europeo firmato anche da Indire e questo processo di ripensamento sta interessando molte realtà italiane.
Ma i banchi che il MIUR chiede al mercato che ha risposto già con ben 10 offerte sono tradizionali: i piani di lavoro avranno una profondità di 50 cm ed una larghezza non inferiore a 60 cm e non superiore a 70 cm. e rivestimento in laminato e saranno muniti di sotto-piano reggi-libri. La struttura portante dei banchi e delle sedie sarà in metallo verniciato”. Criteri di apprezzamento saranno modelli con “altezza variabile, piani di lavoro e delle sedute in legno multistrato, agevole movimentabilità, facilità di stoccaggio” e solo alla fine “la polifunzionalità didattica”.
L’altra metà del lotto, quello che riguarda “sedute didattiche attrezzate di tipo innovativo per uso didattico multifunzionale dovranno essere munite di almeno cinque ruote, ripiano di lavoro mobile di grandi dimensioni e ripiano porta libri o porta zaino di adeguate dimensioni”. Sono sedute talmente innovative che non sono state ancora classificate dall’Unione Europea e per questo i collaudatori saranno gli stessi presidi delle scuole dove sono state introdotte. Nel caso di queste sedute saranno preferiti i modelli con appoggio su sei ruote e fermo ruote; variabilità dell’altezza della seduta e del piano di lavoro e la disponibilità in colori pastello.
Il rischio che le misure di distanziamento sociale interrompano il processo di modernizzazione degli spazi educativi, riarticolando le priorità, è reale anche perché le dotazioni del mega bando ministeriale sono comprensibilmente finalizzate dal ritorno della scuola in presenza, che, COVID regnante, rimane la priorità.
Se solo arrivassero…