Fonte: Il Manifesto – 23 ottobre 2020
La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha inviato una lettera ai governatori della Lombardia e della Campania sollecitandoli a sospendere la decisione di ricorrere alla didattica a distanza nelle scuole superiori. L governatore della Campania De Luca chiede inoltre la riapertura della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione chiuse fino a fine mese. Azzolina li invita a «trovare altre soluzioni» perché la didattica a distanza «non tiene conto delle specificità territoriali e degli sforzi della comunità scolastica».
Le soluzioni prospettate con l’ultimo decreto governativo prevedono doppi turni, l’entrata in classe dopo le 9 del mattino e alternanza tra didattica in presenza e online. La richiesta della ministra contrasta con la possibilità lasciata alle regioni di decidere su queste materie. A evidenziare la contraddizione è il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (Pd), che è anche il presidente della Conferenza delle Regioni: «È una potestà che abbiamo dal febbraio scorso – ha detto – lo prevede anche il governo, abbiamo l’aumento di contagi, dobbiamo trovare le migliori soluzioni possibili».
Intanto i sindaci di Milano Beppe Sala e quello di Bergamo Giorgio Gori hanno espresso critiche al governatore leghista Fontana e ieri a Roma si è cercato un compromesso. Per la didattica a distanza è stata stabilita una percentuale per garantire il ricorso a essa in maniera uniforme in tutte le regioni. Mentre per Fontana e De Luca è al 100%, per il governo non dovrebbe superare il 50% (escluso il primo anno) come stabilito dal governatore del Lazio e segretario del Pd Nicola Zingaretti. Verso questa soluzione sono orientate anche Basilicata e Piemonte. Un incremento della percentuale non è possibile, per ora. Oggi già moltissime scuole sono in didattica alternata e la verità è che si sta discutendo di una questione che è già attuata, al contrario di quanto viene raccontato ufficialmente.
La risposta del governatore della Lombardia alla lettera di Azzolina sa di sfida: «In Lombardia c’è una situazione critica, se il ministro reputa le nostre decisioni eccessive può impugnarle». VA ricordato che il Miur aveva perso il ricorso al Tar contro la decisione del Piemonte (giunta di centro-destra) di prendere la temperatura degli studenti fuori dalle scuole invece che a casa. Una decisione adottata da De Luca (Pd) in Campania, senza che fosse stato presentato ricorso. Fontana ha rinviato la palla al governo centrale anche per la questione dei trasporti. «Da mesi abbiamo segnalato quanto grandi siano le difficoltà nel trasporto pubblico. Per il potenziamento del servizio sarebbe stato necessario lo stanziamento di 200 milioni. Lo saranno solo nelle legge di bilancio 2021». Vengono quindi criticati i sindacati, ritenuti responsabili dell’impossibilità di organizzare le lezioni pomeridiane. In realtà si tratta solo di una possibilità indicata nell’ultimo «Dpcm» ma mai affrontata in maniera organica, prevedendo in tempo l’individuazione di spazi alternativi, l’aumento dei docenti e la stabilizzazione dei precari, la promozione della medicina scolastica e territoriale e l’attivazione del tracciamento. Né le regioni, né il governo hanno compiuto passi concreti. Il neo-governatore toscano Eugenio Giani ha proposto la revoca dell’autonomia scolastica sugli orari ma è stata considerata un’potesi «fantasiosa» dall’associazione nazionale dei presidi, per i quali «andrebbe potenziata». La questione è, invece, proprio questo: chi decide in uno stato di emergenza? In questa situazione confusa la questione delle competenze si scontra con le ragioni dello scontro politico e la scuola si trova a essere la vittima. Per la Rete degli Studenti Medi a subire le conseguenze maggiori sono gli studenti e ha lanciato una fotopetizione online. Per gli studenti dell’Uds «non si è lavorato abbastanza per potenziare i trasporti, costruire nuove aule e garantire l’organico. Ora scontiamo le conseguenze».
Abstract articolo Roberto Ciccarelli