Fonte: Left – 12 novembre 2020
Tutti convengono sul fatto che il diritto alla conoscenza è fondamentale e perché costituisce una esigenza irrinunciabile. Un diritto che durante la pandemia deve essere assicurato con ogni mezzo, e vedendo garantita la sua esercitazione in totale sicurezza. Il ministro dell’istruzione Lucia Azzolina continua ad affermare le scuole devono restare aperte, ma il governo ha prima disposto la Dad al 75 per cento e in seguito la Didattica integrata digitale (Did) al 100 per cento per tutte le scuole superiori fino al 3 dicembre. Ma conosciamo quante disparità di accesso ci siano per questo tipo di didattica in Italia. Prima dell’emergenza sanitaria ’Istat rilevava che il 25 per cento delle famiglie in Italia è esclusa dalla connessione, con grandi differenze tra nord e sud, città e periferie. Il Forum disuguaglianze ha puntato i riflettori su una cifra enorme di bambini (un milione e 200mila) che in Italia vivono in povertà assoluta. Con la pandemia la disparità si è ulteriormente allargata: mai come oggi la scuola è il luogo dove combattere le disuguaglianze sociali e le vecchie e nuove povertà educative, per garantire a tutti il diritto all’istruzione. Al di là di quello che pensa il presidente della Campania De Luca soffrono se non ci possono andare, se non si possono realizzare nel rapporto con gli altri. A subire le conseguenze maggiori sono gli adolescenti. Per fortuna i ragazzi hanno capacità di reagire, mentre i casi di ritiro sociale rappresentano una minoranza. La Costituzione stabilisce che la Repubblica ha il dovere di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona ma rischia di essere lettera morta. Dunque che fare? Il mondo della scuola non si arrende e studenti e insegnanti continuano a promuovere proposte concrete. Mentre il movimento Priorità alla scuola si mobilita a libello nazionale un contributo importante per ripensare la scuola viene dalla Fondazione Feltrinelli di Milano che ha condiviso in rete le esperienze innovative raccolte nel progetto “Scuola sconfinata”: un modello di scuola aperta alla collettività, che individua spazi urbani inediti per la didattica che pone al centro i bisogni e le esigenze dei ragazzi. Perché come scrive la professoressa Elisabetta Amalfitano: «I ragazzi non vogliono restare a casa!», Va rifiutato «un pensiero che, oltre che falso, è comodo per certa politica perché la solleva dal dover mettere in atto un sistema alternativo senza perdere consensi ma che è violentissimo nei confronti del mondo scuola e in particolare dei giovani, della conoscenza, della nostra identità umana che invece è fatta di relazioni sociali, di saperi, di pensiero critico e libero».
Abstract articolo di Simon Maggiorelli