Fonte: Vita – 13 novembre 2020
Trasgredire, connettere, trasformare: questi sono i tre verbi dei quali la scuola ha urgentemente bisogno. Diminuire le lezioni sincrone, organizzare classi ibride in presenza e a distanza, incentivare i ragazzi. Non è il caso di disquisire di aprire o chiudere le scuole, ma è necessario avere il coraggio di fare diverso da prima, senza paura. Come afferma Dario Ianes «il momento chiede a tutti di spendersi personalmente, di provare a connettersi e a fare cose insieme, di recuperare un’energia collettiva per avviare il cambiamento». Ma sono le parole di Alejandro Jodorowsky a descrivere il momento in cui siamo: «Il primo passo non ti porta dove vuoi… ti toglie da dove sei». Forse non sappiamo dove andare, né che strada prendere esattamente ma di certo il punto in cui siamo non è un punto in cui ostinarsi a voler restare. Per Dario Ianes, docente di pedagogia e didattica dell’inclusione e co-fondatore di Erickson, si tratta oggi di «non aver paura, essere disposti a uscire da quella paura che porta a trattenerci, a pensare di fare da soli, all’avarizia in un certo senso. Il momento al contrario chiede a tutti di spendersi personalmente, di provare a connettersi e a fare cose insieme, di recuperare un’energia collettiva per avviare il cambiamento. Non aver paura di fare un primo passo in avanti, anche se questo vuol dire sbilanciarsi e perdere l’equilibrio almeno per un attimo». Ianes è chiaro: «il rischio di fare le stesse cose di prima ma facendole peggio di prima, perché se la lezione à la Recalcati in presenza può ammaliare se fatta da un bravo docente, nello schermo di un tablet perde quasi tutto. La seconda ondata è più problematica della prima perché non ha attivato quell’adrenalina per cui tutti volevamo combattere uniti, cambiare. (…) Oggi la realtà ci dice di una scuola che fa una grandissima fatica a spostarsi dal sincrono, che non per nulla è la modalità più simile al “come prima”. Pragmaticamente, oggi, questo è uno dei punti cruciali: spostarsi dall’idea del sincrono. A anche rispetto all’altro tabù, quello di avere un gruppo in presenza e uno a distanza, deve cadere: «Si può e si dovrebbe fare. Chiaro che è più complesso gestire questa situazione ibrida, anche perché il docente in questo modo è obbligato a essere presente a scuola». Ma è soprattutto il verbo “trasformare” la parola chiave, considerando prioritario la necessità di cambiare la didattica e portarsi dall’insegnamento verso l’apprendimento: «È una cosa che si dice da anni, al di là del virus. Se il baricentro è l’apprendimento dello studente, non l’insegnamento, cambia tutto. La scuola nel suo complesso ha perso una grande occasione ma è anche vero che la situazione è diversa rispetto a febbraio, ci sono state molte scuole che hanno fatto formazione sul digitale, molti più insegnanti oggi sono più formati».
Sara De Carli