Fonte: La Tecnica della Scuola – 25 novembre 2020
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è ben deciso a puntare sul tempo pieno generalizzato nella scuola primaria per agevolare anche l’occupazione dei genitori degli alunni. Il governo sembra quindi avere le idee chiare su come utilizzerà i fondi del Recovery fund: dopo le dichiarazioni relative alla volontà di potenziamento l’edilizia scolastica, la digitalizzazione degli istituti e la cancellazione delle classi pollaio, anche la ministra Lucia Azzolina si è espressa per l’allungamento del tempo scuola. “Dal punto di vista sociale – ha detto il premier alla presentazione del Rapporto Svimez 2020 L’economia e la società del Mezzogiorno – vi sarà una riforma per garantire il tempo pieno su tutto il territorio nazionale che possa dare effettiva possibilità alle famiglie – e soprattutto alle donne – di inserirsi nel mercato del lavoro”. Si tratta di un’idea non certo originale e sinora mai andata in porto. Di certo la volontà di aumentare le ore di scuola, fino almeno alle ore 15.30 – 16.00 dal lunedì al venerdì, per complessive 40 ore settimanali, comporterebbe un incremento non indifferente di docenti e di personale Ata. Lavoratori che, direttamente o indirettamente, beneficerebbero dei fondi che l’Unione europea mette a disposizione dei paesi aderenti per la ripresa post-Covid. Ma gli ostacoli non mancano. Per portare il tempo pieno in tutte le scuole d’Italia oltre a introdurre nuovi maestri ed aumentare gli organici si tratterà di creare delle strutture scolastiche adeguate, per esempio prevedendo la mensa dove oggi non è presente. Le richiesta delle famiglie inoltre è davvero modesta. Con questa realtà si è scontrata l’iniziativa legislativa dei 5 Stelle l’anno scorso, con una buona parte dei 2 mila posti creati in più alla primaria andati persi proprio per questo motivo. Un precedente che dovrebbe servire da esempio.
Abstract articolo di Alessandro Giuliani