L’identità di un Paese sta soprattutto nella lingua. Che è pensiero, sentimento e visione del mondo. Per questo non ci farebbe male diventare un poco più orgogliosi della nostra lingua, amata in tutto il mondo tranne che da noi. La lingua italiana, è una delle lingue più affascinanti e più ricche di storia. Oggi si stima che sia la quarta più diffusa nel mondo, dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese. Quindi, uno dei motivi per cui dobbiamo essere fieri della nostra lingua, è sicuramente il fatto che moltissimi giovani (circa due milioni e mezzo) si stiano interessando sempre più frequentemente allo studio del nostro idioma. Ciò soprattutto per il suo fascino, legato alla bellezza della letteratura italiana, resa importante da celebri autori come Petrarca, Boccaccio, ma in modo particolare da Dante Alighieri, ritenuto il padre fondatore della lingua che attualmente parliamo. L’altro motivo per cui essere compiaciuti, è il fatto che i giovani stiano intraprendendo lo studio dell’italiano perché sono attratti dal meraviglioso patrimonio artistico e architettonico che possediamo, e ciò valorizza molto la nostra nazione. Inoltre, il nostro idioma, è reso più piacevole dalla moltitudine di dialetti che esso include. Ma ciò che davvero gli conferisce valore è la derivazione dal latino. Spesso si sente dire che il linguaggio è neutro. E quindi perché chiamare ministra un ministro? Il maschile lo dava come neutro. Strana teoria, involontariamente androcentrica. Il linguaggio al contrario è una delle forme dell’umana comunicazione che più riflette le differenze di genere e di classe. Da noi certamente non esiste, come nell’antico Giappone, una lingua inferiore destinata alle donne e una superiore per gli uomini, ma esistono differenze di classe: ancora oggi le persone di poco studio e poca cultura usano una forma dialettale, mentre i benestanti e gli acculturati parlano un italiano più articolato e raffinato. Inoltre esistono i generi che marcano decisamente il linguaggio parlato e scritto. Se in una sala troviamo dieci donne e un uomo, la grammatica vuole che l’aggettivo si declini al maschile. Se si dice «Gli uomini sono mortali» si comprendono anche le donne, mentre se dico «le donne sono mortali», uno si chiede «E gli uomini? …. E ancora, se voglio raccontare di una famiglia con cinque bambini, quattro femmine e un maschio, si dirà che la tale famiglia ha cinque figli. Il maschile insomma comprende il femminile ma non viceversa. Il maschile infatti rappresenta l’universale e il femminile il particolare. Dal linguaggio si capisce anche la soggezione di una nazione alla politica di un Paese dominante. Poiché le prestigiose macchine tecnologiche parlano inglese, ci si sente alla moda introducendo in ogni frase alcuni termini inglesi. Possiamo comprendere le parole nuove che andrebbero comunque tradotte, ma perché si deve dire Location quando abbiamo Luogo, Spazio, Sala, Sito? E perché usare Welfare, Week-end, Leader, Breefing, e Lockdown, se esistono i corrispettivi? Non siamo al servilismo linguistico? L’identità di un Paese sta soprattutto nella lingua. Che è pensiero e sentimento e visione del mondo. Per questo non ci farebbe male diventare un poco più orgogliosi della nostra lingua, amata in tutto il mondo tranne che da noi. Per quanto mi riguarda la lingua italiana rappresenta la storia creativa, artistica, scientifica e progettuale di questo spinoso e contraddittorio Paese ed è quella che mi fa sentire orgogliosa di essere italiana.
Gaia Lupattelli