Fonte: La Stampa – 18 gennaio 2020
Alla faccia delle centinaia di miliardi del Recovery Fund da quattro mesi non riusciamo a pagare i miserevoli stipendi di decine di migliaia di docenti, tecnici e addetti alle pulizie, naturalmente precari, chiamati a settembre nelle scuole per l’emergenza Covid. Chi era senza contratto da anni. Chi ha attraversato l’Italia e dopo quattro mesi non ha neanche i soldi per il bus. Chi sopravvive grazie ai prestiti di presidi e colleghi. Le supplenze Covid prendono il via a settembre, in prossimità della riapertura delle scuole, per garantire le misure di sicurezza sanitaria: classi dimezzate, sanificazioni, percorsi differenziati, misurazione della febbre. Primo problema: si segue un iter inedito in un settore già di per sé complicato. Anziché stabilire un piano dell’organico e una corrispondente dotazione finanziaria, il governo mette un miliardo e lo distribuisce agli uffici scolastici regionali, che lo assegnano alle scuole. Ognuno a modo suo: chi quantifica i posti, chi le ore di supplenza. Secondo problema: le scuole interpellano insegnanti e tecnici dalle graduatorie, ma faticano a trovare disponibilità per una norma-capestro inserita nel contratto, che lo annulla in caso di lockdown. Dopo qualche settimana, la clausola viene cancellata. Ben 70 mila i precari hanno ottenuto una supplenza Covid con scadenza a giugno ma Anna Maria Santoro della Cgil è chiara: «i ministeri (Economia e Istruzione) quantificano in modo sbagliato i costi per retribuirli». A novembre, quando le scuole mettono mano al pagamento dei primi stipendi, «si accorgono che i soldi non bastano». Quando poi i soldi ci sono, ma mancano solo 7 euro per un diverso calcolo di un assegno familiare o di una detrazione, tutto si blocca e lo stipendio non viene pagato. Per non dire della beffa per cui a dicembre le casse delle scuole vengono svuotate rendendo impossibili i pagamenti degli stipendi a ridosso di Natale anche se tutti gli altri problemi sono risolti. In ogni caso si entra nel girone dantesco della burocrazia romana, con ministero dell’Istruzione (controparte contrattuale) e dell’Economia (che dovrebbe pagare) a rimpallarsi la faccenda. Morale della favola i precari del covid non hanno visto lo stipendio di dicembre, almeno metà quello di novembre e almeno un quarto non ha mai visto un euro. Le situazioni sono differenziate: nella provincia di Torino oltre la metà dei 2.400 supplenti non ha percepito neanche lo stipendio di ottobre. Stipendi tra 1.100 e 1.400 euro mensili. Un decimo di quelli dei parlamentari, sia detto pro memoria e senza demagogia. Dopo le proteste il governo ha annunciato che oggi la situazione si sbloccherà ma il meccanismo è farraginoso: dal ministero dell’Economia la palla passa al portale NoiPa, che materialmente accredita gli stipendi sui conti correnti dei supplenti. Dove, se tutto va bene, arriveranno a fine gennaio. Nel frattempo, non resta che cliccare e sperare.
Abstract articolo di Giuseppe Salvagiullo