Fonte: Il Sole 24 Ore – 27 gennaio 2021
L’Italia conta quasi 13 milioni di adulti con un livello di istruzione basso (categoria Isce 0-2, equivalente alla terza media), pari al 39% del totale dei 25-64enni (intorno ai 33 milioni di individui), che diventa il 50% degli adulti (la stima oscilla tra il 53-59% dei 25-64enni) «potenzialmente bisognoso di riqualificazione» per via di competenze “obsolete”, o che a breve lo diventeranno, a causa dell’innovazione e del cambiamento tecnologico in atto nel mondo del lavoro, oppure perché, nonostante la laurea, hanno carenze con gli strumenti digitali. Nonostante questo si formano molto poco: in Italia, infatti, nonostante qualche progresso negli ultimi anni, la quota di adulti che partecipa ad attività di istruzione e di formazione è tra le più basse a livello internazionale: ci si attesta a un modestissimo 24% contro il 52% della media Ocse (indagini Piaac), e riguarda in netta prevalenza gli occupati (81%), che dichiarano di svolgere la formazione essenzialmente per motivi legati al miglioramento della carriera; di seguire corsi fuori dall’orario di lavoro, se si tratta di apprendimenti formali, o all’interno del proprio ufficio, per gli apprendimenti non formali. (…) L’Italia dunque dovrebbe puntare con forza a investire parte delle risorse del Recovery Plan sulla formazione continua per superare il gap di competenze a sostegno dell’occupazione e per garantire la modernizzazione della Pa, la digitalizzazione dell’economia e il sistema di istruzione scolastica. Così esperti appartenenti a diversi enti, tra cui Antonio Ranieri (Cedefop, Centro europeo per la formazione professionale), Sebastiano Fadda (Inapp), Giovanni Biondi (Indire), hanno promosso una lettera aperta con lo scopo «di non sprecare l’occasione» e realizzare «entro il 2025 l’obiettivo Europeo del 50% di adulti che partecipano in attività formative almeno una volta ogni 12 mesi». «Lo abbiamo imparato anche da questa crisi – è scritto nella lettera appello – reagire all’emergenza e costruire soluzioni sostenibili per il futuro richiede capacità e risorse propriamente umane e in primo luogo tutte le competenze – di base, trasversali, sociali, scientifiche e imprenditoriali – necessarie per affrontare l’incertezza e creare opportunità dalle nuove tecnologie, dall’allargamento degli scambi internazionali, così come dal vasto patrimonio di beni culturali e naturali di cui l’Italia dispone». Se è vero che «il Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Italia riconosce l’importanza dell’apprendimento permanente» è altrettanto vero, prosegue la lettera, che «l’efficacia di queste misure resterebbe tuttavia limitata in assenza di un sistema nazionale integrato per l’apprendimento permanente e il riconoscimento delle competenze della popolazione adulta». Il messaggio è chiaro, e rappresenta un input forte al Governo, che seppur dimissionario, è impegnato ad attuare il Recovery Fund. Questo filone di finanziamento, infatti, rappresenta un’opportunità storica, «per creare nel nostro Paese – si legge ancora nella lettera – un vero e proprio sistema di formazione permanente in grado di dare accesso sistematico e opportunità di formazione e sviluppo delle competenze a tutti gli italiani, siano essi occupati stabilmente o in forme atipiche, in cerca di occupazione, liberi professionisti, creatori di proprie iniziative imprenditoriali, o fuori dal mercato del lavoro». (…) «Siamo convinti che il nostro Paese sia oggi dotato delle capacità e risorse necessarie per realizzare questo salto di qualità strutturale – concludono i firmatari dell’appello -. Riteniamo sia necessario un tavolo di confronto sull’istruzione e formazione degli adulti, riavviando processi e coinvolgendo le reti esistenti, affinché si definisca una nuova agenda per le competenze a livello nazionale a sostegno delle priorità di sviluppo di oggi con lo sguardo ai benefici per le future generazioni».
Abstract articolo di Claudio Tucci