Fonte: Il Messaggero – 28 gennaio 2021
Per la Procura di Roma gli studenti, prendendo possesso degli edifici scolastici e gestendosi in autonomia senza chiedere il permesso, o protestando, starebbero semplicemente esercitando un diritto: quello di «riunione e manifestazione» garantito dalla Costituzione. Non solo: «Gli studenti devono essere considerati soggetti attivi della comunità scolastica e partecipi alla sua gestione». E così la Procura della Capitale ha chiesto in massa l’archiviazione di tante inchieste – quasi tutte – che riguardano edifici scolastici occupati nella città. Occupare non è legale, ma se viene fatto in modo «sobrio», questo l’orientamento che emerge, è possibile chiudere un occhio. E gli studenti che vorrebbero invece partecipare alle lezioni in modo regolare? La Cassazione si è espressa sostenendo che anche poche ore di occupazione, nelle quali viene impedita la regolarità delle lezioni, ledono il diritto all’apprendimento e rappresentano quindi un’interruzione di pubblico servizio a tutti gli effetti. Nella sentenza più famosa, del 2016, gli ermellini avevano dato torto a uno studente delle superiori che aveva fomentato i coetanei nell’invasione dell’edificio scolastico e aveva impedito a studenti e insegnati, contrari all’occupazione, di partecipare ai corsi. Diverso l’orientamento della Procura della Capitale, che nel chiedere l’archiviazione di decine di inchieste ha sostenuto che «l’esercizio dei diritti di riunione e manifestazione del pensiero garantiti dalla Costituzione cessa di essere legittimo solo quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, con modalità di condotta che esorbitino dal fisiologico esercizio dei diritti». Cosa che, secondo i pm capitolini, nei casi di proteste «sobrie» non succederebbe. Il motivo? Perché il diritto allo studio sarebbe comunque garantito, con l’organizzazione di lezioni autogestite, didattica alternativa e attività culturali. Per la Procura non sarebbe quindi configurabile il reato di interruzione di pubblico servizio, «non essendo stati materialmente leso l’interesse tutelato dalla norma». Il reato di violenza privata scatterebbe se gli studenti impedissero ai colleghi e ai professori di varcare la soglia dell’istituto, e se materialmente rendono impossibile fare e seguire le lezioni. Ma anche in questo caso è difficilissimo che si arrivi a un processo. Chi materialmente impedisce l’ingresso non viene quasi mai identificato. E, interpellando gli altri organizzatori della protesta, ovviamente, si ottengono risposte vaghe. Quindi la contestazione resta spesso contro ignoti, o anche nel caso di iscrizioni sul registro degli indagati, in assenza di episodi gravi, si avanza richiesta di archiviazione. Si procede invece per fatti paralleli, cioè per eventuali reati commessi nel corso delle occupazioni: sono pendenti alcune inchieste per spaccio e danneggiamento ma, anche in questi casi, l’interruzione di pubblico servizio è stata archiviata.
Abstract articolo di Michela Allegri