Fonte: La Stampa – 18 febbraio 2021
Tutto ci si aspettava tranne che, subito dopo aver parlato del piano vaccinale, Mario Draghi si concentrasse sulla scuola, invece ha avuto il coraggio e il merito di soffermarsi sulla necessità di una transizione culturale. «Ogni spreco oggi è un danno che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti», ha spiegato il Presidente del Consiglio in apertura del proprio discorso a Montecitorio, citando la responsabilità, per tutto il Governo, di avviare una ricostruzione del paese, come avvenne dopo il buio del Ventennio e la tragedia della Seconda Guerra mondiale. Ma come si fa a ripartire se non si comincia dall’educazione e dalla cultura? Forse è per questo che le parole di Draghi, ieri, sono arrivate come una boccata di ossigeno dopo mesi persi a litigare sul nulla, gli occhi puntati solo sul numero di “mi piace” messi sui propri post. Nuovo ossigeno dopo anni, aggiungerei, durante i quali si è parlato di scuola solo sui social – chi ha dimenticato il celebre hashtag renziano: #labuonascuola? – senza che nessun Premier si ponesse il problema di capire veramente che cos’è che non funziona nelle scuole, che cosa manca, dov’è il vero problema per tutti quei giovani che si perdono per strada, oppure ce la fanno a prendersi un diploma, ma poi non sanno come servirsene. Il punto è che la politica ha il dovere di portare avanti una riflessione profonda sulla cultura e sulla formazione, non solo dei più giovani, ma anche degli insegnanti. Una riflessione che non cancelli il solido patrimonio umanistico del nostro paese, ma che sia capace di innovazione sia a livello di contenuti sia a livello metodologico. (…) Mario Draghi sa che la chiave di volta per costruire il futuro del nostro paese sono l’educazione e la cultura. E ieri lo ha detto. Voltando così la pagina, si spera per sempre, dei Governi del “subito” e dell'”opportunismo mediatico”.
Abstract articolo di Michela Marzano