Fonte: Roars – 26 febbraio 2021
Si susseguono le notizie di centri di ricerca italiani che stanno studiando l’elaborazione di un nuovo vaccino anti-COVID-19. Alcuni sono centri di ricerca universitari o enti di ricerca pubblici che fanno capo allo Stato e sono finanziati dal contribuente. A maggior ragione in una situazione pandemica continuare a costringerli a reinventare la ruota in nome del culto del brevetto e della competizione intestina non è soltanto inefficiente: è letale. Si deve trovare il modo di farli cooperare, nell’interesse dell’Italia e dell’umanità. Le imprese italiane potrebbero essere le prime a produrre il vaccino sia perché si gioverebbero di conoscenze e tecnologie geograficamente prossime, sia perché potrebbero approfittare del contributo del resto del mondo, costruito sulla loro conoscenza condivisa. Questo il senso dell’appello dell’Associazione italiana per la promozione della scienza aperta (AISA), che chiede un vaccino libero, al quale si deve arrivare tramite la collaborazione dei centri di ricerca. Per AISA il finanziamento di questa ricerca potrebbe basarsi su fondi statali – per esempio del MUR e del Ministero della Salute – e sul contributo volontario dei cittadini, italiani e no. Ma una simile iniziativa può sperare di avere successo solo se le sue regole di base sono chiare e pubbliche, perché pensate allo scopo di garantire, con una sorta di patto fra cittadinanza e ricerca, che da ciò che è pubblico e liberalmente donato si ottenga qualcosa che sia destinato a rimaner pubblico e liberalmente donato. Questa donazione da parte della rete della ricerca pubblica e dei cittadini che la finanziano direttamente e indirettamente non salverebbe soltanto le vite di pazienti ricchi e poveri, italiani e no, ma metterebbe a disposizione delle imprese italiane e del mondo le conoscenze e la tecnologia relativa al nuovo, e libero, vaccino. Le imprese italiane potrebbero essere le prime a produrre il vaccino sia perché si gioverebbero di conoscenze e tecnologie geograficamente prossime, sia perché potrebbero approfittare del contributo del resto del mondo, costruito sulla loro conoscenza condivisa. Moderna ha scelto di sospendere unilateralmente e senza impegno le azioni giudiziarie a tutela dei propri brevetti allo scopo di trar vantaggio dall’inventiva altrui. Offrire però al resto del mondo la possibilità di sperimentare e contribuire a conoscenze e tecnologie legalmente aperte invece che solo provvisoriamente e arbitrariamente libere e potenzialmente costose sarebbe, di nuovo, una concorrenza morale, e non soltanto leale. Gli strumenti giuridici per attuare i quattro principi sopra elencati non mancano. Una delle opzioni disponibili è la cosiddetta pubblicazione difensiva, cioè la pubblicazione di tutte le informazioni riguardanti la tecnologia alla base del vaccino. La pubblicazione difensiva, senza imporre ulteriori costi, distrugge la novità dell’invenzione e impedisce a tutti di brevettarla. L’esempio della rete mondiale alla base della distribuzione dei vaccini anti-influenzali dimostra che si possono concepire e attuare opportune misure organizzative e giuridiche volte a garantire il funzionamento della Scienza Aperta nel campo della tutela della salute. Questa proposta permetterebbe di far uso di norme che già esistono per evitare che, con una sindemia in atto, l’interesse di pochi monopolisti continui a prevalere sul diritto di tutti alla salute e alla conoscenza.
Abstract articolo di Redazione