Fonte: tecnicadellascuola.it – 10 marzo 2021
Secondo i dati pubblicati a fine febbraio da Eurostat l’Italia si colloca al terzultimo posto tra i paesi europei per numero di laureati che hanno trovato un’occupazione lavorativa a tre anni dalla conclusione degli studi universitari. Dopo l’Italia, in una graduatoria che vede presenti tutti i 27 paesi dell’Unione Europea, oltre a quelli delle aree geografiche confinanti ma non formalmente dell’Unione, troviamo la Macedonia del Nord e la Turchia, non ancora membri dell’UE. Sembra che a livello nazionale ad accedere ad un posto di lavoro sia il 58,7%, percentuale negativa in crescita dal 2021, quindi un italiano su due con titolo accademico. I dati lasciano aperte le porte alle discussioni e alle motivazioni che si celano dietro a questi dati così pesanti, tali da far pensare che prendere una laurea abbia sempre meno senso. In alcune discipline, per esempio soprattutto quelle umanistiche i laureati hanno dovuto ripiegare su forme di lavoro sottopagate e comunque lontane dalla loro formazione, svolgendo compiti e mansioni che avrebbero putto eseguire senza la laurea. Tra i motivi si possono individuare lo scarso investimento del Pil per l’innovazione, che mette l’Italia con il suo 1,39% di nuovo agli ultimi posti in Europa, il 15° tra i paesi più importanti, dato, ancora una volta reso noto da Eurostat nel 2020 sul sito della Camera. L’indagine racconta anche quanto bassa sia la percentuale di ricercatori rispetto a persone occupate attive nelle imprese, per cui solo due laureati su 100 sono assunti per svolgere ricerca, poiché le aziende stesse non hanno risorse per promuoverla, inoltre non hanno relazioni stabili con le università, se non con poche eccezioni. Il dato tragicamente noto che consegue da tutto ciò è l’esodo verso l’estero, che negli ultimi cinque anni ha visto emigrare più di 200.000 giovani italiani. (…) Se si considera lo studio del Ministero del Lavoro, pubblicato nella primavera del 2020, relativo ai percettori del reddito di cittadinanza, viene fuori che il 61,6% dei beneficiari ha utilizzato nella ricerca di un impiego canali informali come amici, parenti e conoscenti, confermato di nuovo da Eurostat, secondo cui in Italia e Spagna è più del 60% ad aver trovato lavoro in questo modo, contro il 40 di Germania e Svezia. Dato rilevante, quest’ultimo, se si pensa che per le posizioni di lavoro prestigiose e qualificate, tale percentuale aumenta, mentre competenze e titoli di studio dovrebbero essere il metro di giudizio prioritario.
Abstract articolo di Carmelina Maurizio