Fonte: Il Sole 24 Ore – 17 marzo 2021
Nella scuola, come in generale nella vita, è importante ragionare per obiettivi, spiega il ministro Patrizio Bianchi, che ha delineato ieri la sua road map per l’istruzione. Partendo da un obiettivo a breve («riportare gli studenti in presenza e in sicurezza il primo possibile») e passando per uno a medio termine («cominciare l’anno prossimo tutti il 1° settembre»), il titolare di viale Trastevere delinea anche la scuola che verrà: più giusta e con più risorse. Grazie ai quasi 17 miliardi destinati al comparto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e all’effetto moltiplicativo e accelerativo che genereranno. Non sono concetti usati a caso quelli del neoministro ma che nascono dalla sua formazione di economista e dal recente passato di assessore dell’Emilia Romagna. Ad esempio al Patto per il lavoro che, mutatis mutandis, ritorna oggi con il “Patto per l’Istruzione e la formazione” proposto alle organizzazioni sindacali. Sotto forma di quattro tavoli tematici da chiudere subito dopo Pasqua: grandi assi del sistema di istruzione; personale (organico, reclutamento, precariato); emergenza in atto, edilizia, spazi; squilibri e disparità fra regioni e territori (Sud e periferie). In attesa dell’atto di indirizzo sul rinnovo del contratto che dovrebbe riconoscere al personale scolastico 90 euro in più lordi (su cui si veda Il Sole 24 Ore di lunedì 15 marzo). Nel ringraziare Lucia Azzolina per il lavoro svolto Bianchi ha sostanzialmente confermato l’impostazione che la sua predecessora aveva dato al versante Scuola del Recovery. Riservandosi però aggiustamenti sullo 0-6 anni o rimodulazioni. In ballo ci sono quasi 17 miliardi. Ai 7,2 per l’edilizia scolastica (di cui 6,4 per il risanamento e 0,8 per le nuove costruzioni) vanno aggiunti i 3,5 per l’accesso all’istruzione e riduzione dei divari territoriali, che significano 1 miliardo in più al tempo pieno, 1 alla fascia 3-6 anni e sezioni primavera e 1,5 alla lotta andi-dispersione. Risorse a cui si sommano gli 1,5 miliardi agli Its, che a suo giudizio sono anche pochi visto che si traducono in 300 milioni l’anno e che dobbiamo portare decuplicare almeno gli iscritti attuali fermi a quota 18mila, e i 4,5 miliardi alla maxi-voce Stem e multilinguismo. Che si è meritata a sua volta un paio di distinguo, a cominciare dal fatto che 400 milioni per la formazione degli insegnanti sono pochi se poi si programmano 3 miliardi sulla Scuola 4.0. In chiusura il pensiero è andato va alla sospensione della didattica in presenza che sta scavando un solco negli appredimenti dei ragazzi. Il ministro ne è consapevole, così come che bisogna avviare un piano di recuperi grazie alle risorse in arrivo con il Dl sostegni. Ma per lui «non sono 20 giorni in più di scuola a giugno» la soluzione. Meglio puntare sui patti di comunità e su attività di sostegno da svolgere insieme al personale di enti locali e terzo settore, sia quest’anno, sia d’estate (chiaramente in via facoltativa), sia a settembre quando la scuola riaprirà. Se possibile essendo pronti già il 1°: «una cosa che non accade da 20 anni», ha concluso.
Abstract articolo di Eugenio Bruno