Fonte: La Repubblica – 25 marzo 2021
La metà dei presidi vincitori del concorso bandito nel 2017 sono stati assunti fuori dalla loro regione di residenza. E adesso protestano perché vorrebbero ritornare a casa il prima possibile. In totale sono circa 1.250 in tutto. Uno su sei a livello nazionale. I motivi della lamentela sono una diversità di trattamento rispetto ai colleghi che si sono collocati nella parte bassa della graduatoria e che a settembre potrebbero essere immessi in ruolo nella propria regione. Insomma: gli ultimi saranno i primi. A spiegare i motivi di una protesta che sta montando settimana dopo settimana è Benedetto Lo Piccolo, siciliano, in servizio presso l’istituto comprensivo De Amicis di Busto Arsizio, in quel di Varese. “Non è un problema meridionale – ci tiene a precisare – ci sono emiliani in Lombardia, liguri in Piemonte. E non si tratta di una protesta per i disagi connessi con la condizione di fuorisede”. Il gruppo di dirigenti scolastici meridionali è comunque nutrito. Molti si trovano a oltre mille chilometri dalla famiglia. Intanto Lo Piccolo ha promosso un comitato per sensibilizzare la politica e le istituzioni. Tre le ragioni di questa mobilitazione. Per la prima volta, dopo circa vent’anni di concorsi su base regionale, nel 2017 la selezione dei capi d’istituto avviene su base nazionale: chi vince sceglie tra le sedi libere a livello nazionale, ovviamente in base alla propria posizione in graduatoria. I primi 2.416, poi incrementati dalle rinunce, ad essere assunti nel 2019/2020 furono inviati dove c’era posto: in tutte le regioni. Poi, i posti vennero estesi “e gli ultimi – spiega Lo Piccolo – potrebbero essere assunti nella regione di residenza”. “E’ in questo modo – si chiede – che viene riconosciuto il merito di esserci piazzati prima nella graduatoria?”. Il secondo motivo della protesta riguarda le scelte introdotte con l’ultima legge di Bilancio. Sono stati infatti modificati i parametri per il dimensionamento della rete scolastica: da 600 alunni, per avere diritto ad un preside in pianta stabile, il numero di alunni è sceso a 500. E da 400 a 300 per le scuole nei comuni montani e nelle piccole isole. “Questo darà luogo – continua Lo Piccolo – a circa 800 posti in più che, sommati ai 500 pensionamenti attesi, diventeranno mille e 300 posti che verranno assegnati ai vincitori del concorso”. Gli ultimi 886 in graduatoria che con una disponibilità così ampie potranno sperare di rimanere nella propria regione. In ultimo viene criticato il meccanismo della mobilità (i trasferimenti) resta sostanzialmente regionale mentre il concorso è stato su base nazionale. “Dopo un triennio di permanenza nella scuola dove siamo stati assunti, ai trasferimenti interregionali viene riservato il 30% dei posti che si riducono a pochi, con le riserve per i colleghi che hanno particolari esigenze”, conclude Lo Piccolo. Tra coloro che pressano maggiormente per un intervento politico, i dirigenti campani. Tutti assunti fuori regione perché nel 2019 in Campania ancora si dovevano smaltire i vincitori del concorso precedente. Si tratta di circa 400 capi d’istituto che, dopo avere saturato le poltrone delle regioni limitrofe, si sono sistemati in Lombardia, in Veneto e in Piemonte. La paura, per questi, è che passeranno ben oltre tre anni prima di riavvicinarsi a casa.
Abstract articolo di Salvo Intravaia