Fonte Corriere della Sera – 4 maggio 2021
Guido Tonelli esprime il suo sconforto a leggere il Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza proposto dal governo Draghi e recentemente approvato dal Parlamento.
“Anzitutto per il linguaggio che vi viene usato. Siamo alle solite. Sembra davvero che la pandemia non ci abbia insegnato nulla. È deprimente leggere di «priorità trasversali che attraversano le riforme orizzontali o di contesto», di «riforme abilitanti, ovvero di interventi funzionali a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche» e si intrecciano con le «riforme settoriali» a loro volta concorrenti «con le riforme di accompagnamento alla realizzazione del Piano». Cercando di superare il senso di straniamento prodotto da questa prosa mi sono concentrato sulla quarta delle sei missioni che compongono il piano: Istruzione e ricerca”.
Tonelli spiega che conosce bene il settore e che si aspettava un serio impegno di investimento per il futuro. Un messaggio chiaro di un’inversione di tendenza rispetto alle scelte degli ultimi decenni, che hanno penalizzato seriamente sia il nostro sistema di istruzione che le nostre attività di ricerca. Tanto più che l’analisi fatta in premessa, delle difficoltà della nostra crescita dovute a scarsa digitalizzazione, inefficienza, produttività stagnante, investimenti insufficienti in ricerca sia del pubblico che del privato, era impietosa. Mi aspettavo quindi un deciso colpo d’ala. Un brusco incremento degli investimenti in ricerca a partire già da quest’anno.
Per Tonelli basta fare un confronto con la Francia per vedere la differenza: “nel Plan de Relance approvato per la Francia si legge «la dotazione annuale dell’Agenzia Nazionale delle Ricerche passa, nel 2021, da 518 a 953 milioni di euro per crescere progressivamente negli anni fino a raggiungere 1.518 milioni di euro nel 2027». Un aumento immediato e strutturale dell’84% dei fondi, che cresceranno fin quasi a triplicare nei sei anni successivi. E bisogna considerare che i miliardi a disposizione della Francia per il piano di ripresa e resilienza, sono meno di un quinto di quelli previsti per l’Italia (40,9 contro i 222,1 miliardi previsti per il nostro paese). Di quanto aumenterà il nostro fondo nazionale per la ricerca? Briciole. La quota di finanziamento pubblico passerebbe dal misero 0.5% attuale ad un altrettanto misero 0.6%; ancora ben lontano dallo 0.75% speso dalla Francia oggi e dall’inarrivabile 1% speso dalla Germania”. (…)
Nel frattempo Università ed Enti di ricerca verranno ancora una volta riformati; e come sempre accade in questi casi, passeranno anni prima di implementare le nuove regole, capirle e utilizzarle in maniera rapida.
Non so se ci sarà la possibilità di modificare in corso d’attuazione il progetto, ma se questo non sarà possibile, tutto mi lascia pensare che sarà l’ennesima occasione mancata.
Abstract articolo di Guido Tonelli