Morale della favola, quando si tratta di garantire interventi per assicurare la didattica non si è in grado di progettare nulla a breve termine.
Quando invece si tratta di tagliare fondi e negare il potenziamento degli organici si arriva ad appellarsi alle stime relative ai prossimi venti anni.
Ricapitoliamo brevemente: i progetti per le attività educative estive saranno pronti… in inverno. I docenti abilitati al sostegno non potranno essere inseriti nell’organico del prossimo anno scolastico, perché non ci sono i tempi tecnici e non sono stati presi i dovuti provvedimenti.
Per accedere ai finanziamenti per le iniziative di recupero si dovranno presentare le richiedere «sulla base delle rivelazioni integrative condotte dall’Invalsi» e i dati relativi al tasso di abbandono scolastico.
Ma gli esiti non saranno disponibili alle scuole fino a settembre e, nonostante ciò, la procedura non è stata semplificata. Altra perla: al momento di indire il concorso il Ministero non ha previsto prove suppletive per i candidati impossibilitati a partecipare alle prove a causa del covid. La (prevedibilissima) conseguenza è che la scorsa settimana il Tar ha dato ragione a coloro che hanno presentato ricorso contro l’esclusione.
In tutti questi casi il ministero, i governi che si sono succeduti e gli organismi vari non hanno brillato in previsioni e programmazione a lungo termine. Solo per fare un altro esempio, lo stesso si è verificato per la questione dei trasporti: a un anno dall’inizio della pandemia non si è stati in grado di assicurare il sevizio per garantire l’entrata differenziata degli studenti, di cui si parlava da mesi e mesi prima.
Ma in questi giorni quale è il tema che sta ribadendo in tutte le salse la Ragioneria di Stato e il governo di fronte alle richieste dei sindacati di potenziamento degli organici e di nuovi interventi per la scuola?
Il calo degli studenti nel 2036 e il conseguente esubero di insegnanti.
Per carità, è bene che si facciano questi studi. E’ rassicurante sapere che siamo governati da chi è in grado di pensare ai vari interventi anche sulla base dei vari trend. Il problema è che ci sembra legittimo sospettare che ci si trovi di fronte a due pesi e due misure, a seconda che si tratti di dare o avere.
Cosa dovrebbe pensare in merito un precario storico, che per anni ha visto sfumare la propria stabilizzazione e che oggi si sente dire che il provvedimento dovrà riguardare un numero limitato di casi, perché tra venti anni ci saranno meno studenti?
Direttore Dott. Alberto Barelli