Rientro a scuola a settembre 2021, per evitare la Dad doppia linea sui vaccini ai ragazzi

Fonte: Corriere della Sera – 8 luglio 2021
Abstract articolo di Gianna Fregonara

Al momento è molto più facile a dirsi che a farsi. «In presenza senza se e senza ma», è lo slogan ribadito dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Basta Dad, gli fa eco il presidente della Regione Veneto Luca Zaia insieme al sottosegretario leghista all’istruzione Rossano Sasso.

Anche il Pd con Manuela Ghizzoni e Sandra Zampa è sulla linea del

«non possiamo immaginare un nuovo anno scolastico che sacrifichi e comprima la socialità, la didattica in presenza, la vicinanza fisica nello scambio di idee, di parole, di gesti quotidiani».

Vaccini e tamponi

Per questo la linea del governo è quella di puntare su ciò che è cambiato rispetto allo scorso anno: le vaccinazioni, che hanno coinvolto oltre l’85 per cento del personale e che sono cominciate anche per gli adolescenti nelle regioni più virtuose a partire dalla Lombardia e dal Lazio.

E’ il motivo per cui il primo parere del Cts sul ritorno in classe è stato considerato un po’ troppo vago a Viale Trastevere e il ministro ha annunciato di voler chiedere una seconda valutazione che tenga conto dello stato delle vaccinazioni. Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha proposto l’idea degli screening con i tamponi – anche a campione, anche salivari – soprattutto per i bambini più piccoli: sotto i dodici anni i vaccini non ci sono e qualcosa va fatto anche per le elementari e le medie.

C’è poi la questione dei vaccini agli adolescenti: nel Cts le posizioni degli esperti sono distanti. Si va da chi segue la linea del generale Figliuolo, che «corre» con le immunizzazioni chiamando a raccolta anche i giovani, e chi invece è irritato con le scelte della struttura commissariale e pensa che quella giusta sia la scelta tedesca di dare priorità alle categorie a rischio – professori compresi – perché i benefici per i giovani non sono così tanti.

No all’obbligo di vaccinazione

Sui vaccini Bianchi ha spiegato che il ministero si muove tra i due estremi: non ci può essere obbligo, perché non c’è per nessuno nel Paese, «e tutti, vaccinati e no, potranno andare a scuola in presenza». Va dunque a vuoto per ora la suggestione del sindacato dei presidi che aveva chiesto di riflettere su misure più stringenti per il personale. «Il governo – ha spiegato il ministro – incoraggia anche i ragazzi a vaccinarsi», non tanto per «i benefici personali ma per un gesto di solidarietà e di responsabilità, per un senso di comunità». Quanto ai 200 mila lavoratori della scuola non immunizzati è stato netto: se ci sono ritardi, li colmeremo, se invece c’è la «volontà di non vaccinarsi, deve essere espressa in fronte al Paese perché tutti dobbiamo porci il problema della comunità».

La dad

La pressione sul vaccino è strumentale ad ottenere misure un po’ meno stringenti, anche se sicure, per poter tornare in classe. Dopo un anno accidentato come quello passato è evidente che c’è il problema delle aule troppo piccole e delle classi troppo numerose (soprattutto alle superiori) e che senza rendere alternativo il metro di distanza e l’uso della mascherina gli studenti non potranno tornare tutti in classe.

Senza dire che se le regole sui trasporti pubblici dovessero di nuovo essere quelle della capienza al 50 per cento, il sistema si incepperebbe. Bianchi ha fatto mettere nel decreto Sostegni bis 4oo milioni per il cosiddetto organico Covid (ma i fondi valgono pe ora fino a dicembre), oltre a 70 milioni per gli affitti di aule. Ma al ministero sanno bene che non è soltanto questione di fondi.

Sanno che il piano B, se la variante Delta farà esplodere i contagi, è segnato, non solo per la scuola. Ma ci deve essere anche un piano A, come del resto c’è stato per le altre attività che hanno già riaperto: in zona bianca e con una percentuale importante di vaccinati qualche deroga si potrà fare? In questi giorni il tema è chi deciderà se e quali misure si possono allentare. Oltre al Cts Bianchi ha già riattivato anche i «tavoli dei prefetti», strutture provinciali che devono provare a mettere in pratica le regole di governo ed esperti scuola per scuola.

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