Fonte: La Nazione – 9 luglio 2021
Abstract articolo di Stefano Cecchi
Una beffa ma soprattutto una sconfitta culturale per questa terra. Perché Firenze la Toscana sono stati i luoghi di Galileo, la terra che ha difeso e sostenuto il progresso scientifico contro credenze e paure della superstizione o il fatalismo della religione.
Prendere atto che una buona fetta del mondo della scuola oggi si ribella alla scienza, e dunque alla propria ragione di essere, è roba che addolora e inquieta.
Come se le alchimie medievali convincessero di più delle certezze sanitarie del terzo millennio. Certo, in questo buio di sapere inaspettato portato dal Covid, la medicina per adesso non è che una luce fioca e tremolante ma è l’unica luce che abbiamo. Il resto è solo opinione fomentata dall’idea che attraverso i nuovi mezzi di informazione, internet, i social media, i blog, si possa colmare quel gap di sapere che ha sempre diviso lo scienziato dalla massa.
L’uno vale uno didattico, insomma. Un’aberrazione oltre che una condanna del tempo presente. Perché quando la religione era forte e la scienza debole, gli uomini confondevano la magia con la medicina; alla fine del secolo scorso, con la scienza diventata forte e la religione debole, gli uomini al contrario hanno pensato fallacemente alla medicina come magia che potesse risolvere tutto. Oggi siamo in una via di mezzo.
Con la religione dell’Io diventata culto e la scienza che si è rifatta debole, lontana, da guardare con diffidenza come nell’anno mille si guardava agli illuminati. Una condanna più che un’opportunità.
“Perché alla fine per salvarci dalla malattia esistono solo due cose: scienza e opinione. La prima genera conoscenza, la seconda ignoranza”.
Lo scriveva Ippocrate 2500 anni fa ma sembra pensata oggi anche per Firenze.