Abbiamo scherzato:
i controlli del possesso del Green pass da parte degli insegnanti non spetterà ai presidi. Il provvedimento, che ancora ieri ha continuato a scatenare le proteste e gli strali dei dirigenti scolastici, è stato sconfessato in ventiquattro ore.
Quindi niente più presidi-vigilantes, per la felicità non solo dei diretti interessati ma di tutto il mondo scolastico.
Archiviato l’ennesimo infelice capitolo, restano le perplessità per una decisione assurda e impraticabile. E soprattutto un interrogativo: non si poteva ragionare un po’ di più sulla opportunità di una tale ipotesi, e pensarci due volte prima di procedere?
Diciamolo chiaramente:
si è trattato di una brutta figura, alla quale si è esposto in primo luogo lo stesso ministro dell’istruzione Bianchi. Al di là del merito della questione, l’aspetto grave è che per giorni l’attenzione è stata dirottata su quella che si è rivelata una farsa. Come se non ci fosse l’esigenza di concentrarsi sui tanti problemi ancora da risolvere, in vista dell’ormai imminente apertura dell’anno scolastico.
Comunque è bene quello che finisce bene. Ma a rendere amara la vicenda è il motivo che sta dietro al dietrofront. E cioè la violazione della normativa sulla privacy, sulla quale sarebbero incorsi i presidi rregistrando i dati. Inoltre era stato fatto notare che sul Green pass non è riportata la data di scadenza. Una cosetta non da poco.
La soluzione tirata fuori dal cilindro sempre ieri è stata la decisione che verrà stabilita la durata di dodici mesi della validità del ‘passaporto’ verde. In questo caso è proprio vero che non tutto il male viene per nuocere. Ma anche a questo non ci si poteva pensare prima? L’esercito di consulenti, tecnici, esperti che ingrossano gli apparati ministeriali e dei vari organismi evidentemente si devono pur inventare qualche complicazione, per avere qualche cosa di cui occuparsi. Dobbiamo rassegnarci al fatto che vale anche nell’era Covid.
Direttore Dott. Alberto Barelli