La scuola italiana forma pochi studenti con preparazione professionale tecnico-scientifica.
E la conseguenza più pesante è l’impossibilità di accedere al mondo del lavoro. Il paradosso, infatti, è che le industrie italiane si ritrovano nell’impossibilità di trovare il personale specializzato. Questo mentre migliaia di ragazzi che alla fine degli studi non trovano lavoro.
Anche negli ultimi anni i numeri continuano a essere impietosi: l’Italia è tra i paesi con minor numero di laureati nelle discipline STEM. La percentuale si assesta attorno al 24%, che scende al 15% tra le ragazze.
INIZIATIVA DELLA COMUNITA’ EUROPEA
L’Italia è tra i sorvegliati speciali della Comunità europea. In particolare è chiesto al nostro paese di attivarsi per applicare gli strumenti promossi proprio per superare la carenza nella formazione nelle materie Stem.
I progetti più importanti sono il Quadro europeo delle qualifiche, l’Alleanza europea per gli apprendisti e la Garanzia europea per i giovani. La loro attuazione continua a essere ostacolata dalle lungaggini burocratiche e dalla mancanza di stanziamenti.
CARENZE STRUTTURALI
I problemi da risolvere sono numerosi e alcuni strutturali. Tra questi la carenza di laboratori multimediali e digitali professionalizzanti, di percorsi tecnici funzionali all’inserimento lavorativo e gli scarsi investimenti su una didattica alternativa.
Il rischio è che anche gli studenti formati in percorsi STEM non hanno avuto la possibilità di acquisire le conoscenze adeguate. La mancanza di possibilità di aggiornarsi una volta laureati fa il resto.
FUGA DEI CERVELLI
Gli osservatori europei puntano il dito anche sui problemi del mercato italiano. Il pagamento e la remunerazione è ben al di sotto degli standar europei ed il welfare contrattuale è giudicato inesistente. La conseguenza è il fenomeno della fuga dei cervelli all’estero.
In questo quadro il rilancio degli istituti tecnici rischia di non dare i frutti sperati.
Alberto Barelli