La scuola vede gli studenti che hanno la possibilità di seguire regolarmente le lezioni alle prese con versioni, problemi e temi, insomma con le sudate carte. Ma c’è un compito che non potrebbe riuscire a svolgere nemmeno un genio: capire quante e quali scuole sono chiuse e il numero dei ragazzi interessati alla sospensione dell’attività didattica per i casi di contagi da coronavirus o per la mancanza di insegnanti. Provate a cimentarvi voi con il compitino in questione e vi renderete subito conto che si tratta di una vera e propria impresa impossibile. Le segnalazioni relative a provvedimenti di chiusura o a situazioni di impossibilità di garantire il normale svolgimento delle lezioni si sono accavallate dal nord al sud della penisola a partire dai primi giorni successivi all’apertura dell’anno scolastico, riempendo le pagine dei giornali. Tutto ciò, sia chiaro, a fronte di un sistema scolastico che, grazie anche allo sforzo straordinario di dirigenti e insegnanti, sta dimostrando di saper reagire alle emergenze per cercare di assicurare, seppure tra tante difficoltà, l’accesso alle lezioni. Questo è l’aspetto da evidenziare e del quale essere orgogliosi ma, dopo tale doverosa premessa, rientra nella normalità delle cose pretendere che sia chiaro il quadro della situazione. Eppure la verità dei fatti è che anche chi è chiamato a prendere i provvedimenti utili non possa contare su dati certi. Crediamo che in un paese normale non dovrebbe essere chiedere troppo. Infatti basta dare uno sguardo alla realtà degli altri stati europei, per potersi fare invece un’idea di quanto sta avvenendo sulla base di informazioni puntuali, a partire per esempio dalla Germania, paese che per primo si è trovato nella condizione di dover chiudere decine di scuole. Almeno su questa materia crediamo che il Ministero meriti una bocciatura e che rappresenti per i governanti una bella lezione quella che viene da uno studente torinese, Lorenzo Ruffino, che nel suo profilo Twitter ha promosso una raccolta dati a livello nazionale. Come viene spiegato, l’iniziativa è incentrata soltanto alla catalogazione dei casi di chiusura delle scuole o di segnalazioni di studenti o insegnati risultati positivi al coronavirus. In questo caso è specificato che non viene riportato il tipo di provvedimento adottato. Una scelta decisa in considerazione del fatto che non esiste una normativa precisa in merito, tanto che i provvedimenti presi dai dirigenti scolastici sono i più vari. Ma in un paese in cui non è prevista nemmeno la classificazione dei casi, pensare di poter contare su un’unica linea di indirizzo per i dirigenti scolastici sarebbe davvero pretendere troppo.
Alberto Barelli