Fonte: Il Manifesto – 14 ottobre 2020
Si lavora di più, si studia di meno: è questo il risultato della didattica a distanza svolta durante il lockdown. E’ quanto emerge dalla ricerca “La scuola ‘resta a casa'” presentata a Roma dalla Flc-Cgil con la Fondazione Giuseppe Di Vittorio, le università Sapienza di Roma e Teramo. Sono gli stessi docenti a dirlo. Un terzo di loro, di scuole di ogni ordine e grado, non è riuscito a coinvolgere tutti gli studenti delle proprie classi. Al Sud e nelle Isole la situazione peggiore. Il carico di lavoro sarebbe aumentato soprattutto per i docenti della scuola primaria (73,9%) e degli istituti professionali e tecnici (69,5%). Oltre a programmare e poi a svolgere online le lezioni, ad aggravare le condizioni lavorative è stata anche la macchinosità dei processi decisionali interni agli istituti che non avevano mai usato questo tipo di didattica. I docenti si sono adattati: 8 su 10 hanno usato computer personali e la connessione delle proprie abitazioni. Il 60% di loro hanno dovuto dividere con i figli e gli altri membri della famiglia pc e connessione. Dall’inchiesta è emersa anche l’inadeguatezza delle infrastrutture tecnologiche e degli strumenti digitali a disposizione: per questo molti docenti non sono riusciti a raggiungere tutti gli studenti, a causa della poca connessione, in alcuni casi addirittura assente. Ciò che emrge dalla ricerca è chiaro: la didattica in presenza è insostituibile, lo sostiene il 76% degli intervistati. “Sulla didattica a distanza servono regole contrattuali – sostiene Francesco Sinopoli (flc Cgil) – Va convocato urgentemente un tavolo presso il Ministero o l’Aran”.
Roberto Ciccarelli