L’inizio del nuovo anno scolastico è stato accompagnato da una lunga serie di novità, principalmente di ordine pratico: mascherine, distanziamento, turnazioni, attenzione spasmodica alle norme igieniche. Tra queste ne spicca una che esula dall’emergenza Covid-19 e riguarda la didattica, avendo con sé un lato positivo: l’insegnamento dell’Educazione Civica. La promulgazione della legge nr. 92 del 20 agosto 2019 ha infatti introdotto nei programmi delle scuole di ogni ordine e grado l’insegnamento trasversale di questa materia, che a partire dall’anno scolastico 2020-2021 torna a essere obbligatoria, prevedendo un totale di 33 ore annue, con valutazioni periodiche e finali. Obiettivo primario della legge è la formazione di cittadini responsabili e attivi, infatti, le tematiche da affrontare sono molteplici: dalla Costituzione italiana all’Agenda 2030, dai principi di legalità alla cittadinanza digitale. Parlare di una vera e propria novità non è però del tutto corretto: nel nostro Paese l’insegnamento dell’educazione civica viene di fatto impartito dalla fine dell’Ottocento ed ha assunto, nel corso del tempo, diverse forme. Negli ultimi anni l’insegnamento dell’educazione civica ha quindi giocato un ruolo marginale, poiché impartito non in tutte le scuole e affrontato in modo diverso da scuola a scuola, dando vita ad una forte eterogeneità sul territorio nazionale. Sorge quindi spontaneamente una domanda: l’introduzione della nuova educazione civica riuscirà finalmente a conferire all’insegnamento di questa materia la dignità che merita? L’importanza dell’educazione civica, il cui principale obiettivo è la formazione di cittadini consapevoli, dotati di apertura mentale e senso civico, è largamente riconosciuta da tutti i target coinvolti nella ricerca; il suo insegnamento è considerato prioritario da un dirigente scolastico su tre (35%) e da uno studente su quattro (27%). Spesso dimenticata e maltrattata, l’Educazione Civica ha vestito i panni della Cenerentola della scuola italiana, senza una parte definita all’interno dei programmi e per lo più affidata a professori non specializzati. Ancora una volta, tutto dipenderà dalla creatività, dall’impegno e dalla capacità di arrangiarsi dei docenti e dei dirigenti scolastici.
Gaia Lupattelli