Alla fine solo il 12% dei candidati – una percentuale fisiologica – ha rinunciato a partecipare alla prima seduta del concorso straordinario e nelle operazioni sia prima che durante che dopo la prova non si sono registrate note negative o critiche. Tutti gli oltre 1600 convocati del primo giorno si sono presentati con la mascherina, hanno osservato il distanziamento, adoperato materiale monouso, svolto le 5 domande a risposta aperta, distinta per classi di concorso, al computer che dovrà essere superata con il punteggio minimo di sette decimi. Con 150 minuti a disposizione, gli aspiranti a un ruolo affronteranno cinque quesiti a risposta aperta e un quesito – seguito da cinque domande – per la verifica della comprensione linguistica. Chi passa, entrerà al lavoro solo il prossimo 1° settembre, ma la sua posizione lavorativa sarà retrodatata al settembre 2020. Dei 64mila partecipanti, 13mila dovranno spostarsi di Regione per sostenere la prova, che sarà scaglionata con sessioni mattina e pomeriggio fino al 16 novembre. E le sedi che sono o stanno per diventare zona rossa? E l’aumento dei contagi che la circolazione agevola, mescolando le carte giù indistinguibili del tracciamento?
Le motivazioni di carattere sanitario sono quelle agitate più rumorosamente dai detrattori del concorso a tutti i costi 2020, tra i quali politici di ogni colore e i 4600 iscritti del gruppo FB “No al concorso straordinario” che anche ieri in un’intervista hanno denunciato “un comportamento persecutorio”. Tra i membri c’è chi vorrebbe in nome del Covid una sanatoria tutti dentro, a cui Azzolina ha già detto no quando dalla Lega al Pd è stata avanzata l’ipotesi di convertire il concorso per soli titoli, senza prova d’esame. Negli stessi commenti, i precari mostrano di credere poco a un happyending, alcuni ritengono che la macchina si sarebbe potuto fermare ai nastri di partenza ma che ora sarà difficilissimo. Al limite si potrebbe provare ad annullarlo: un appiglio è l’assenza di una prova suppletiva per chi è in quarantena o in isolamento cautelare. La Cgil ha pubblicato un fac simile di istanza per ottenere una seduta di recupero a vantaggio di chi non ha potuto partecipare per motivi di salute comprovati e invita gli esclusi ha spedirla all’indirizzo del Ministero. La Camera del Lavoro ha già prodotto una diffida e messa in mora su questa questione, che potrebbe portare alcuni candidati a presentarsi anche in situazioni di salute non perfette per il timore di perdere un’occasione lavorativa fondamentale, mettendo a rischio colleghi di concorso, che spesso il giorno dopo saranno di nuovo in classe, personale Ata, che tornerà alle proprie sedi scolastiche, commissari. A proposito di commissari: la percentuale di chi ha dato forfait in questa categoria è molto più alta di quel 12% che non si è presentata alla convocazione. Per loro rinunciare è stato facile, minore la posta in gioco. Ma le defezioni mettono in forse la regolarità delle prove, alimentando il circolo dello stop. A forzare la mano da ultimo è stato l’esponente della Lega Rossano Sasso che ha annunciato un ricorso addirittura al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Iniziativa destinata a fare clamore mediatico ma poco ficcante dal punto di vista giuridico perché la palla tornerebbe al Ministero e al Consiglio di Stato. E da qualche anno, per scoraggiarne il ricorso, costa anche 600 euro.