Fonte: Il Sole 24 Ore 16 novembre 2020
Zone rosse, istituti scolastici che chiudono. le lezioni a distanza: il film sulla scuola che il governo sta proiettando dal mese scorso sembra un remake di quello già offerto in primavera. In attesa di del finale una differenza già si percepisce: la preparazione digitale dei docenti è cresciuta. Con i 5 milioni del decreto Cura Italia di marzo ben oltre 572mila docenti che hanno seguito almeno un corso sulla didattica a distanza (Dad). Buono è l’utilizzo della piattaforma nazionale Sofia, sia dalle scelte di acquisto con la card da 500 euro. La ministra Lucia Azzolina ha sottolineato gli investimenti realizzati: «In questi mesi abbiamo affrontato l’emergenza sanitaria cercando di trarne anche delle opportunità (…) l’accelerazione degli investimenti su innovazione e formazione sul digitale ne sono una dimostrazione». In totale per connettività e device da marzo sono stati stanziati 414,9 milioni. La verità è che l’emergenza sanitaria in materia di preparazione degli insegnanti il Covid-19 è stato uno spartiacque. Anche per un quadro normativo confuso, la situazione pre-emergenza non era delle migliori per passare dall’oggi al domani, come accaduto con il lockdown, dalle lezioni in aula al web. Di 393mila docenti iscritti alla piattaforma nazionale Sofia solo 145mila avevano seguito almeno un corso nell’anno scolastico 2018/19 e, di questi, solo il 32% aveva scelto l’innovazione. Dopo il coronavirus la percentuale aumentata è passata al 39%. Il decreto Cura Italia ha portato all’aggiornamento sulla Dad di 572.888 docenti che si sono formati sulla Dad (su 836mila in organico, pari al 68%) da allora a oggi. Il terzo indizio si ricava dal programma “Formare al futuro” che in tutto l’anno scolastico 2020/21, dovrebbe riguardare 120mila docenti. In attesa nella piattaforma online di “Formare il futuro”, data per imminente, che ospiterà tutte le lezioni registrate. Infine i dati della card formazione da 500 euro: dei 350 milioni spesi dai docenti nel 2019/2020 il 68% (239,6 milioni) è andato all’hardware e un altro 1,6% al software. Per un totale di quasi il 70% contro il 66% dell’anno prima. Una dotazione digitale che è già tornata utile durante il lockdown e che, alla luce della formazione sul campo, si spera possa esserlo anche ora.
Abstract articolo di Eugenio Bruno