Due notizie, separate ma parallele sono presenti in giornali, tv, on line: la nascita a 27 anni di Molly e il portale della cultura italiana per la partecipazione virtuale ai grandi eventi nazionali. Di Molly non si può non parlare perché il suo attendere a -195 gradi in azoto liquido di nascere apre scenari da fantascienza e fantaumanità. Notiamo solo molto molto lateralmente che l’ironia della storia ha scelto per lei il nome molto simile a quello che fu dato primo essere vivente clonato. Era un animale e si chiamava Dolly. Forse però sarebbe stato più opportuno chiamarla Lucy, come l’australopiteco più famoso , un tassello fondamentale per disegnare l’evoluzione della nostra specie. Anche Molly scandisce un una discontinuità. In che direzione sarebbe avventato dirlo ma dal progresso non si torna indietro. Nella sua vicenda ci sono dei margini di paradossalità, delle sacche in cui il tempo fluttua ma non scorre: la madre ha appena due anni più di lei, o meglio di quanto Molly fu concepita, nel 1992, e il fatto che da embrione ora sia diventata una bella bambina di due mesi di certo porrà nuove angolazioni e anche nuove basi ad un dibattito di bioetica e bioingegneria genetica molto incandescente. Molly nella sua precedente forma era “un embrione donato e congelato nell’ottobre del ‘92. – come ci racconta Di Paolo sulla Repubblica “Una madre che lo “adotta”, se così si può dire, dopo questi quasi tre decenni. E che all’epoca di quella donazione aveva appena due anni. Tutto molto strano, tutto molto complicato. Tina e Ben, non riuscendo ad avere un figlio, si rivolgono a una onlus cristiana di Knoxville, in Tennessee, che conserva embrioni di donatori. In azoto liquido, a — 195 gradi. Venti o ventisette anni, a tale temperatura, non significano niente. Tina e Ben, prima di diventare genitori di Molly, sono diventati nel 2017 genitori di Emma, il cui embrione fu lasciato dalla stessa coppia che lasciò l’embrione da cui si è sviluppato il feto e infine la bambina chiamata Molly”. Ma quindi, arrivando al punto, l’embrione è vita? L’altra notizia riguarda ugualmente il futuro prossimo umano. Il ministro dei Beni cultruali Dario Franceschini ha lanciato l’idea di una Netflix della cultura italiana, “una sorta di Netflix della cultura, che può servire in questa fase di emergenza per offrire i contenuti culturali con un’altra modalità, ma sono convinto che l’offerta online continuerà anche dopo: per esempio, ci sarà chi vorrà seguire la prima della Scala in teatro e chi preferirà farlo, pagando, restando a casa”. Ora l’idea torna in auge grazie anche alla vivacità di Cassa Depositi e Prestiti che potrebbe buttarsi anche in questa avventura insieme a soggetti già presenti nel Narrowcasting. L’idea del Ministro è «Creare un posto dove il pubblico possa trovare tutte le produzioni teatrali e musicali, ma anche museali. E monetizzarle creando una fonte di ricavi aggiuntiva. C’è in giro una comprensibile diffidenza che nasce dal timore che lo streaming possa mortificare lo spettacolo dal vivo, con il pubblico in sala, che invece resta centrale, non a caso si chiama dal vivo. Il trade unione tra le due notizie è lo sguardo sul futuro da costruire che il Covid ha aperto davanti a noi ma anche la dimensione del distanziamento, che magari non sarà più ordinato dall’altro ma potrebbe diventare un modo alternativo di vivere la propria socialità. Insieme alla prima della Scala, ma ognuno a casa sua.
Redazione