Fonte: la Repubblica – 10 dicembre 2020
Nessun eccesso di contagi nelle scuole italiane. E’ quanto emerso da uno studio condotto da Enrico Bucci, professore di Biologia alla Temple University di Philadelphia, e da altri ricercatori riuniti nel Patto trasversale per la scienza, che mostra come il ritorno in classe non abbiano rappresentato la scintilla per i focolai autunnali. «Ma non è una buona notizia», spiega il ricercatore. «Significa che la scuola non è stata difesa, non si è fatto abbastanza per metterla in sicurezza, tanto che in termini di contagio è diventata come tutti gli altri luoghi non protetti». La ricerca è stata condotta sui dati disponibili sui contagi in Italia al 31 ottobre, comune per comune. Il risultato? «Che l’incidenza è esattamente la stessa, dentro e fuori le scuole. – spiega Bucci – Se su un grafico si mettono in ascisse i casi nella popolazione non scolastica e in ordinate i casi nella popolazione scolastica, le diverse regioni si collocano su una retta, la cui pendenza è proprio il rapporto tra il numero di chi va a scuola e chi no. Un andamento che conferma quanto detto: nella scuola ci si contagia esattamente come altrove». Rispetto al diverso andamento registrato in alcune regioni restano gli interrogativi: «Possiamo fare delle ipotesi. La Campania per esempio ha avuto più contagi extrascolastici che scolastici, ed è comprensibile visto che quella Regione ha lasciato a casa gli studenti prima di tutte le altre. Il Lazio invece si discosta verso l’alto: in proporzione alla popolazione ci sono stati più casi tra gli studenti che nel resto della popolazione. Vuol dire che qualcosa non ha funzionato nelle sue scuole». Un aspetto evidenziato è che anche l’analisi dei dati relativi alla provincia di Bergamo ha confermato che la diffusione dei contagi è stata identica tra la popolazione scolastica e quella non scolastica». Alla domanda esplicita se si può escludere che la seconda ondata sia stata innescata dalla riapertura delle scuole la risposta è chiara: «Sì. I dati dimostrano che la crescita esponenziale ha preso il via ben prima della metà di settembre. Forse ha più a che fare con i nostri comportamenti estivi che con il ritorno in classe. Non siamo i soli a sostenerlo: nella letteratura scientifica internazionale, a fronte di 4 o 5 pubblicazioni che evidenziano un nesso causa-effetto tra scuole e focolai, ce ne sono decine che dimostrano l’esatto contrario. Come quello pubblicato sul New England Journal of Medicine che ha preso in considerazione i dati di Danimarca, Finlandia, Belgio, Taiwan e Singapore». Per Bucci si possono riaprire le scuole quindi, naturalmente adottando misure adeguate. Dunque non è stato un errore far iniziare la scuola a settembre? «Il vero errore è stato intervenire tardi: con una fase esponenziale visibile nella seconda metà di agosto si sarebbero dovute prendere contromisure adeguate già il 15 settembre. Ormai lo sappiamo: ogni settimana di anticipo del lockdown, anche in forma leggera, permettere di farlo durare tre settimane in meno. E di salvare molte vite umane».
abstract intervista di Luca Fraioli