Le scuole rimangono in presenza con il fervorino sulla necessità di ricorrere alla didattica a distanza quando può servire a gestire meglio il distanziamento.
Il DPCM si è fatto attendere anche questa volta. L’undicesimo pronunciamento del Governo ribadisce le misure del precedente, seguendo l’orientamento già applicato in molti paesi europei, tra cui la criticissima Francia, rispetto alla possibilità di inasprire le disposizioni in caso di contagi in crescita. In un’Italia a macchia di leopardo, un metro comune dalla Lombardia al Molise per fronteggiare la seconda ondata non avrebbe avuto senso.
Sulla scuola si dice questo “Fermo restando che l’attività didattica ed educativa per il primo ciclo di istruzione e per i servizi educativi per l’infanzia continua a svolgersi in presenza, per contrastare la diffusione del contagio, previa comunicazione al Ministero dell’istruzione da parte delle autorità regionali, locali o sanitarie delle situazioni critiche e di particolare rischio riferito ai specifici contesti territoriali, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata, che rimane complementare alla didattica in presenza, modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9”.
Ingressi scaglionati per alleggerire la pressione sul trasporto pubblico scolastico e non. Ma il ventilato e temuto provvedimento di chiusura della didattica in presenza è stato scongiurato. Lo scivolamento verso un ritorno alla DAD, che fin da prima dell’inizio dell’anno scolastico, aveva tentato un po’ tutti e trasversalmente all’arco costituzionale, – forze di maggioranza comprese – è stato frenato, probabilmente con questo DPCM è tramontata anche l’opzione DAD. Azzolina ha prevalso ma a suo favore ha avuto alleati importanti. Non solo nel mondo imprenditoriale.
Con la decisione del governatore De Luca – scuole chiuse fino alla fine del mese – e alcuni governatori, come quello dell’Umbria che si sono accodati a questa linea, si temeva che anche il Governo potesse prendere in considerazione questa ipotesi. Ma per fortuna la scienza è venuta in soccorso alla politica e anche l’IIS ha ribadito come chiudere uno dei pochi luoghi sicuri frequentati dai giovani non fosse una buona idea ma un pessimo stratagemma per mostrare i muscoli e far divampare indisturbato il contagio. Anzi con maggiore legna da ardere, visto che con l’azzeramento del tempo scuola ed i genitori al lavoro – che non si chiude – libera il tempo non supervisionato dei giovani. Si è scelto di riservare risorse aggiuntivi – tardive? – per il potenziamento del trasporto pubblico, un invito al trasporto privato in tutti i casi in cui è compatibile con il resto della routine familiare e soldi per potenziate il servizio e un ingresso scaglionato per le scuole superiori. Intanto il Ministro Azzolina ha ribadito che il concorso giovedì prossimo 22 ottobre si farà in sicurezza. Un’operazione da 64mila iscritti – molti rinunceranno causa COVID -, 32mila posti e appena 150 minuti per archiviare la pratica in presenza. Tanto durerà l’unica prova prevista per avere un contratto a tempo indeterminato per i precari della scuola. Non proprio come i medici che verranno assunti d’ufficio in deroga alla Costituzione (art. 97: Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge) ma certo con uno scivolo rispetto ai loro colleghi 430mila che aspettano il concorso ordinario.