Fonte: la Repubblica – 25 novembre 2020
Protesta degli studenti senza striscioni, prova del megafono, scaletta dei cori o percorso delle strade da attraversare in corteo. Sul taccuino solo una serie di nomi da invitare su Teams. La voglia di scioperare si sposta dalla piazza reale a una piazza virtuale. A inaugurare questa forma di protesta questa mattina sono gli studenti del liceo Machiavelli Capponi di Firenze, che hanno pensato di ‘occupare’ la piattaforma utilizzata per le lezioni online. Obiettivo della protesta è di fare accendere i riflettori sui problemi che rendono faticosa la didattica a distanza: carico di lavoro troppo elevato, la connessione insufficiente, le interrogazioni che non funzionano e i voti considerati spesso troppo arbitrari. «Non avere più un luogo fisico in cui fare lezione non significa rassegnarsi ad accettare tutto quel che ci viene imposto con la dad — spiega Arturo, portavoce degli studenti fiorentini — È importante riappropriarci della scuola come spazio di incontro e confronto, serbatoio del sapere ma anche occasione di crescita. Tutto questo, oggi, ci viene tolto. È come se fosse diventata una rincorsa a mettere voti sul registro elettronico e a finire il programma senza però averlo affrontato, e soprattutto assimilato, veramente». Gli studenti, che fino allo scorso anno manifestavano contro gli edifici fatiscenti, i soffitti instabili, la pioggia che cadeva nelle palestre e il riscaldamento che non funzionava, si lamentano ora di un modo di fare lezione che rischia di diventare sempre più alienante: «La sensazione è che si sia voluto ricreare all’interno di un monitor la stessa identica scuola di prima, senza però rendersi conto che questo non è possibile — aggiunge Bianca, un’altra studentessa — Stare cinque o sei ore incollati davanti al computer non è uguale a stare in classe. L’attenzione cala, gli occhi fanno sempre più male, le nozioni non entrano in testa e, per di più, i 15 minuti di pausa tra una materia e l’altra vengono riempiti con del materiale extra (audio, video e schede) distribuito dai professori che hanno comunque l’obbligo di svolgere lo stesso numero di ore». Un sistema che, a detta dei ragazzi, è controproducente: «Non siamo dei fannulloni e non vogliamo certo impegnarci di meno o sembrare sfaticati — ribadiscono — Il nostro obiettivo è proprio quello di non perderci, di credere ancora nell’istruzione come un nostro diritto e non come un peso che ci schiaccia giorno dopo giorno». L’assemblea di oggi, alla quale parteciperanno in centinaia, sarà solo un primo passo verso nuove mobilitazioni: «Ascolteremo le voci di tutti gli studenti e raccoglieremo, punto per punto, le loro osservazioni e proposte. Poi, diremo agli insegnanti che solo insieme, calibrando i carichi di compiti e organizzando meglio verifiche e interrogazioni, è possibile non buttare del tutto questo anno scolastico. A marzo ci è stato chiesto uno sforzo immenso per un’emergenza sanitaria improvvisa, fa rabbia essere stati di nuovo dimenticati dal governo». Anche il comitato “Priorità alla scuola” appoggia la protesta e auspica che ne venga seguito l’esempio: «Lo sciopero è un diritto degli studenti e questa loro volontà di gridare cosa non funziona deve farci riflettere — spiega la coordinatrice, Costanza Margiotta — Se le cose non cambieranno in fretta, il futuro delle nuove generazioni è a rischio».
Abstract articolo di Valeria Strambi