Fonte: Corriere della Sera – 23 febbraio 2021
Difficile prevedere cosa riuscirà a fare il governo del programma di riforma della scuola descritto dal presidente del Consiglio Mario Draghi nel discorso al Senato. Il progetto più immediato e sembra essere quello di riforma degli Its, gli istituti tecnici superiori per i quali già il governo precedente aveva immaginato di investire 1,5 miliardi del Next Generation Eu. Se oggi l’Italia è maglia nera in Europa per numero di giovani laureati — definizione nella quale rientrano tutti i titoli di educazione terziaria, universitari e non — è anche per la penuria di percorsi professionalizzanti come questi. Ma decuplicare gli studenti in cinque anni, come viene ipotizzato, è più facile a dirsi che a farsi: innanzitutto sarà necessario sciogliere il nodo del rapporto con l’Università — che con rare eccezioni non ha mostrato attenzione a questi corsi — e stabilire standard di preparazione e organizzazione che garantiscano la stessa qualità in tutto il Paese senza perdere quella flessibilità organizzativa che li rende così adattabili alle esigenze del mercato del lavoro. E soprattutto andrà inventata una formula efficace per poterli far crescere anche al Sud. Serve dunque molto di più di questo miliardo e mezzo: per imporre questo modello di scuole di specializzazione ci vogliono una volontà e una capacità riformatrice che finora non ci sono state. Oggi uno studente su sei non ottiene il diploma di maturità e molti arrivano con una preparazione talmente scarsa che con il pezzo di carta ci fanno poco o nulla. Secondo le ultime rilevazioni Invalsi (2019), un maturando su quattro possiede capacità linguistiche scadenti o molto scadenti. E in matematica uno su tre non arriva alla sufficienza. Di fronte a questo quadro i dati e le idee non bastano: il ritardo nel riformare la scuola italiana è figlio di uno scontro ideologico, di rigidità irragionevoli che spingono alla conservazione, della mancanza di coraggio e di visione da parte di chi ha responsabilità. Questo governo ha una maggioranza tra le più larghe della storia, i leader politici hanno promesso di abbassare le armi, il Covid ha esasperato le diseguaglianze ma ha anche mostrato che insegnanti e studenti sanno mettersi in gioco. È un’occasione da non perdere.
Abstract articolo di Gianna Fregonara e Orsola Riva