Fonte: ItaliaOggi – 2 marzo 2021
Il ministero dell’istruzione presenterà nei prossimi giorni ai sindacati una bozza di intesa per rimuovere l’obbligo di permanenza quinquennale nella sede di prima destinazione per i neoimmessi in ruolo. Questo l’esito dell’incontro in videoconferenza che ieri ha visto confrontarsi i rappresentanti del ministero e i segretari generali dei sindacati firmatari del contratto di lavoro della scuola, Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda-Unams. Dunque, si è aperto uno spiraglio per risolvere la questione del divieto di accesso alla mobilità introdotto da due disposizioni emanate nel 2018 e nel 2019. La prima dispone che i docenti che sono stati immessi in ruolo a far data dal 1° settembre 2019 per effetto dello scorrimento della graduatoria del concorso indetto con il decreto 85/18 non possano partecipare alla mobilità per l’anno 2019/2020 e per i successivi 4 anni: 2020/21; 2021/22; 2022/23; 2023/24 (si veda l’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, come modificato dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 art. 1, comma 792, lettera m), 3). La seconda prevede che i docenti immessi in ruolo con effetti a far data dal 1° settembre 2020 in poi, non possono chiedere il trasferimento, il passaggio, l’assegnazione provvisoria e l’utilizzazione per 5 anni scolastici. Il vincolo non si applica a chi è in esubero oppure diventa perdente posto e lo stesso vale per i titolari dei benefici previsti dalla legge 104/92, a patto che i requisiti per averne titolo siano insorti dopo la data di presentazione delle domande di partecipazione al concorso (per effetto del quale sia stata disposta l’immissione in ruolo) o di aggiornamento delle graduatorie a esaurimento (dalle quali si è stati tratti per l’immissione in ruolo) (si veda l’articolo 1, comma 17-octies del decreto-legge 126/2019 convertito con legge 159/2019). (…) I vincoli tendono anche a impedire ai docenti meridionali che ottengano l’immissione in ruolo al Nord di accedere alla mobilità per avvicinarsi alla famiglia. Fenomeno destinato ad acuirsi per effetto delle disposizioni introdotte dal governo Conte 2 riguardanti la possibilità per i docenti precari di essere inseriti in coda alle graduatorie per le immissioni in ruolo (si veda l’articolo 1, comma 17 bis del decreto-legge 126/2017 e il decreto 25/2020). Si tratta della cosiddetta chiamata veloce, che consiste nel consentire le immissioni in ruolo sui posti rimasti vacanti dopo l’esaurimento delle graduatorie dei concorsi e delle graduatorie a esaurimento. E che potrebbe interessare soprattutto i docenti precari meridionali, perché al Sud le disponibilità per le assunzioni sono molto limitate, mentre al Nord le graduatorie si esauriscono sistematicamente, spesso senza determinare la copertura dei posti disponibili. Il fenomeno della crescente disponibilità di posti vacanti ha assunto proporzioni tali da non poter essere gestito nemmeno con le supplenze. E non sono rari i casi in cui i dirigenti scolastici del Nord sono costretti ad assumere anche docenti senza titolo ricorrendo agli aspiranti che abbiano presentato le cosiddette messe a disposizione (Mad).Il problema è molto grave soprattutto nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie. Tant’è che il ministero dell’istruzione, con l’ordinanza 60/2020, che regola la costituzione delle nuove graduatorie provinciali per le supplenze, ha previsto che possano essere inclusi in graduatoria anche gli aspiranti docenti iscritti al 3°, 4° o 5°anno del corso di laurea in scienze della Formazione primaria nell’anno accademico 2019/2020.
Abstract articolo di Carlo Forte