Fonte: ItaliaOggi – 8 giugno 2021
Abstract articolo di Alessandra Ricciardi e Marco Nobilio
Addio alla sede fissa, anche i presidi dovranno cambiare scuola, ogni due o tre mandati. In nome dell’anti-corruzione. A chiedere al ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi che la rotazione sugli incarichi dirigenziali si applichi non solo ai dirigenti amministrativi ma che venga estesa anche ai dirigenti scolastici sarebbe stata, secondo quanto ci risulta, la Corte dei conti.
Ora la decisione spetta a Stefano Versari, che proprio in questi giorni dovrà emanare la circolare annuale sull’assegnazione degli incarichi da parte dei direttori scolastici regionali. Tra l’altro Versari, in qualità di direttore dell’Emilia Romagna, è stato uno dei pochi ad averla già applicata quella norma della legge 190/2021, assieme alle Marche e la provincia autonoma di Trento, che però per l’anno in corso l’ha sospesa.
Nella nota 8207/2020, a firma dell’allora direttore regionale Versari, si legge che il cambio di sede
«corrisponde anche ad un più generale principio dell’ordinamento sulla rotazione degli incarichi dopo un congruo periodo di permanenza, principio richiamato anche dalle vigenti disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla corruzione».
La questione a livello nazionale si è posta anche nel 2019. E in quell’occasione le sigle sindacali riuscirono nell’intento di frenare l’applicazione erga omnes della rotazione, richiamando le linee guida dell’Anac. L’autorità nazionale anticorruzione, infatti, nel 2016, indicando le misure necessarie per la scuola, non si soffermò sulla rotazione dei presidi.
Nel 2017 una successiva delibera sempre dell’Anac definì la scuola un ambito della pubblica amministrazione a basso rischio di corruzione. Facile immaginare che i sindacati torneranno di nuovo all’attacco con questi argomenti. Anche perché mentre in passato, prima della conclusione del concorso a dirigente, le sedi vacanti su 8mila erano quasi il 25%, oggi la disponibilità di posti scoperti deriva dai soli pensionamenti, che secondo gli ultimi dati disponibili non dovrebbero superare le 500 unità. Il che vuol dire che creare un incastro sul territorio tra vecchie conferme e nuovi incarichi può essere complicato.
A maggior ragione se il preside rotante dovesse chiedere di avere una sede della stessa complessità della precedente, complessità che è requisito che influenza anche la parte variabile dello stipendio.
Dalla sua parte l’amministrazione ha l’argomento del Pnrr e dell’utilizzo dei fondi per l’edilizia e le reti infrastrutturali, che seguiranno canali nuovi. Le norme predisposte dal governo per dare attuazione al Pnrr, infatti, trasformano di fatto le istituzioni scolastiche in vere e proprie stazioni appaltanti. E sebbene le somme che dovranno gestire i dirigenti scolastici siano più modeste rispetto a quelle che gestiranno i loro colleghi delle altre amministrazioni, si tratta comunque di una novità di non poco conto.
I presidi, infatti, dovranno provvedere direttamente agli acquisti di beni e servizi necessari alla transizione digitale delle scuole, al contrasto alla dispersione scolastica e alla formazione del personale anche se di importo superiore ai 10 mila euro. Anche senza utilizzare le convenzioni-quadro. Idem per gli affidamenti e per i lavori non strutturali da effettuare nelle istituzioni scolastiche. E per farlo dovranno applicare regole contenute nel codice degli appalti.
Nel caso in cui le istituzioni scolastiche dovessero trovarsi nell’impossibilità di utilizzare le convezioni-quadro per acquistare gli strumenti necessari alla transizione digitale, al contrasto alla dispersione scolastica e alla formazione del personale scolastico da realizzare nell’ambito del Pnrr, potranno procedere autonomamente. Dunque, dirigenti scolastici potranno gestire gli affidamenti di lavori, servizi e forniture previsti nel Pnrr, anche se di importo superiore ai 10 mila euro. Esattamente come le cosiddette stazioni appaltanti.