Oltre mezzo milione di neodiplomati saranno chiamati a scegliere il percorso di laurea ma i dati dicono che soltanto una minima parte conquisterà il titolo di dottore.
I dati di Eurostat, relativi allo scorso anno, sono chiari e purtroppo impietosi: l’Italia è al penultimo posto in Europa per la percentuale di laureati, seguita soltanto dalla Romania. Se non fosse per il contributo delle università telematiche, evidentemente saremmo riusciti a superare (in peggio) anche questo stato.
Per avere un’idea va considerato che la percentuale dei laureati tra i cittadini tra i 24 e i 34 anni nella penisola è del 28%, mentre il Lussemburgo è attestato attorno al 63%.
LA META’ DEI DIPLOMATI SI RIVOLGE ALLA FOMAZIONE A DISTANZA
Alle università telematiche va innanzitutto il merito di essere determinanti nel far decidere a un numero sempre più elevato di diplomati di continuare gli studi. Ormai infatti il 50% dei neolaureati si rivolge direttamente a un polo universitario telematico.
LE UNIVERSITA’ TELEMATICHE ARGINE ALLA DISPERSIONE
Il loro ruolo diventa quindi fondamentale sul fronte del recupero della dispersione. Se si calcolasse il numero degli studenti che lasciano le università per continuare gli studi passando per esempio a eCampus, che resta il polo leader per numero di iscritti e offerta formativa, emergerebbe come, senza questa alternativa, la percentuale degli abbandoni sarebbe ben più alta.
A contribuire a fare optare per lo studio a distanza è stata senza dubbio anche la pandemia. L’altra ragione è il salto in avanti compiuto dal paese dal punto di vista della rete internet e dal progresso compiuto nell’utilizzo delle nuove tecnologie.
Anche la diffusione dello smart-working ha contribuito a un profondo cambiamento culturale, per il quale lavorare o studiare da casa è considerato ora normale. E meno male, perché altrimenti il rischio sarebbe quello di ritrovarsi davvero fanalino di coda.
Direttore Dott. Alberto Barelli