L’incontro del 28 marzo fra amministrazione e organizzazioni sindacali dedicata al tema delle abilitazioni conseguite all’estero, pone in contrasto i precari presenti nelle GPS. I sindacati, tranne Anief, si mostrano contrari alla proposta.
ll Ministero dell’Istruzione e del Merito sta per emanare un’ordinanza in cui prevede che chi è inserito con riserva nella prima fascia delle graduatorie provinciali (GPS) in quanto ha acquisito il titolo all’estero potrà stipulare i contratti anche se manca il riconoscimento formale del titolo di accesso alla graduatoria.
Il Ministero afferma che quanto stabilito dall’Adunanza Plenaria (a fine dicembre) impone un’analisi caso per caso del percorso formativo acquisito da uno stato membro dell’Unione Europea.
Questa procedura, che comprende circa 11.226 domande, non cumulativa, permette di accelerare il processo. Ogni procedimento ha un termine di 120 giorni per essere esaminato, tuttavia molti di essi hanno superato questo termine e si prefigura l’illeicità del silenzio.
Per tale motivo per rafforzare la capacità organizzativa del Ministero, si sta considerando l’utilizzo di una norma primaria e l’investimento in un soggetto specializzato nella gestione di queste pratiche, che ha già operato presso il Ministero dell’Università.
I sindacati hanno chiesto un incontro politico prima di emanare l’ordinanza, in modo da discutere dei temi caldi e le ricadute possibile in previsione di uno scenario del genere.
Le proteste dei precari delle Gps: “Rischiamo di essere scavalcati”
Senza dubbio, quello che appare più concreto, è il rischio di “una guerra fra poveri”, di uno scontro nelle graduatorie provinciali delle supplenze, dato che molti insegnanti già presenti potrebbero essere scavalcati dai colleghi, inseriti per adesso con riserva, alla luce della prossima ordinanza.
Il Comitato nazionale specializzato sul sostegno ha infatti scritto una lettera inviata al Ministro Valditara e alla premier Giorgia Meloni, in cui si chiede che il provvedimento in vigore non venga in alcun modo modificato e che il ministero dell’Istruzione e del Merito “proceda alle opportune verifiche e ai controlli necessari per la valutazione e l’eventuale riconoscimento di tutti questi titoli conseguiti all’estero che continuano a proliferare negli anni“.
“Permettere a docenti di inserire con riserva nelle graduatorie provinciali per il sostegno sostegno di fare domanda per l’assegnazione degli incarichi annuali – spiegano i rappresentanti del comitato – significa pure consentire loro di partecipare all’assegnazione di posti di ruolo con la conseguenza che in Italia ci sarebbero centinaia di docenti stabilizzati il cui titolo non è mai stato ufficialmente e legalmente riconosciuto”.
“Inoltre – proseguono i precari – il titolo di specializzazione in Italia viene conseguito con merito e sacrifici: otto mesi di frequenza; dieci di insegnamento e nove laboratori con relativi esami; progetto e relazione finale di tirocinio e tesi finale“.
I sindacati (tranne Anief) si oppongono alla proposta del Ministero
Le organizzazioni sindacali non accolgono bene la proposta del Ministero dell’Istruzione, seguendo il principio
“E’ possibile – si chiede Giuseppe D’Aprile della Uil scuola – che un posto in Italia, per personale italiano, dipenda dall’esito di titoli conseguiti all’estero che rendono instabili graduatorie e immissioni in ruolo? Questa è la conseguenza di una denuncia che la Uil Scuola Rua fa da tempo: mantenere il numero chiuso nelle università che specializzano sul sostegno creerà l’ennesima divisione nel personale precario, con il risultato che l’inizio del prossimo anno scolastico sarà nuovamente foriero di contenziosi“.
Secondo il sindacalista, “è paradossale che un docente, abilitato o specializzato in Italia e inserito a pieno titolo nelle graduatorie, si vedrà in molti casi scavalcato nel punteggio proprio da chi non ha ancora un titolo valido a tutti gli effetti perché non ancora riconosciuto dal Ministero e che non dovrebbe essere spendibile nelle graduatorie“.
“Non si parli allora di continuità didattica – aggiunge D’Aprile – se la supplenza assegnata al docente in attesa di riconoscimento del titolo, potrà decadere nel momento in cui questo non dovesse essere riconosciuto“.
Anche la Cisl Scuola si pone scettica in vista della prossima ordinanza, evidenziando come il proliferare di percorsi formativi attivati da paesi Ue, frequentati allo scopo di utilizzarne i titoli per accedere all’insegnamento nelle scuole italiane, sia la conseguenza della mancata attivazione, da troppi anni, di percorsi abilitanti e di un congruo numero di Tfa di sostegno sul territorio nazionale.
“La situazione è aggravata, per quanto riguarda i percorsi di specializzazione, da un’offerta formativa eterogenea e sperequata fra le diverse regioni“. Il sindacato guidato da Ivana Barbacci rileva come il contenzioso più volte attivato per contrastare il mancato riconoscimento di titoli conseguiti all’estero veda ormai un orientamento giurisprudenziale consolidato, che vede l’Amministrazione nell’obbligo di verificare puntualmente le istanze di riconoscimento dei titoli, accertando i livelli di competenza, conoscenza e capacità acquisiti, nonché l’equivalenza in termini di durata complessiva, livello e qualità della formazione rispetto agli analoghi percorsi formativi nazionali, prevedendo se necessario opportune e proporzionate misure compensative. “Per dare risposta in modo tempestivo a chi attende di conoscere se il proprio titolo possa essere pienamente riconosciuto, è pertanto indispensabile dare impulso alle procedure di verifica dei percorsi secondo le indicazioni del Consiglio di Stato“, conclude la Cisl.
La Flc Cgil, rileva invece: “considerato che l’85% dei titoli esteri sono specializzazioni su sostegno ottenute in Paesi in cui non esiste l’inclusione degli alunni disabili, e ancora ci sono le classi differenziali, occorre innanzi tutto tutelare il diritto allo studio degli studenti disabili prendendo che chi lavora abbia un titolo e una formazione adeguata. Questo obiettivo si realizza dando massima priorità a chi si è formato in Italia, con percorsi incentrati sul modello della didattica inclusiva“.
Inoltre, per il sindacato guidato da Francesco Sinopoli, non “è ammissibile che docenti che hanno superato selezioni, percorsi formativi con obbligo di frequenza, laboratori, oltre 300 ore di tirocinio si vedano scavalcati da chi non ha un titolo riconosciuto e non ha fatto alcun percorso selettivo o formativo con obbligo di frequenza. Questo scatenerebbe nuovo contenzioso e creerebbe un precedente pericoloso: le nei prossimi mesi le GPS potrebbero essere usate sia per attribuire contratti a TD che per attribuire contratti finalizzati alle immissione in ruolo, come avvenuto negli ultimi 2 anni e come peraltro stiamo chiedendo con forza come FLC CGIL. Assegnare le immissioni in ruolo a chi non ha un titolo riconosciuto, scavalcando chi è abilitato o specializzato in Italia sarebbe un errore grave e un messaggio che calpesta il merito e i sacrifici di ha studiato e si è formato nel nostro Paese“.
Infine, “il fenomeno dei titoli esteri nasce dal meccanismo con cui soggetti privati lucrano sulla pelle di precari e lavoratori della scuola che cercano disperatamente uno sbocco per conseguire l’abilitazione o la specializzazione. A questa domanda di formazione il Ministero deve rispondere organizzando percorsi abilitanti e di specializzazione in misura adeguata ai bisogni della scuola e dei precari“.
Delle sigle rappresentative, solo l’Anief sposa la linea del Ministero dell’Istruzione e del Merito: “Questa modifica è un atto dovuto, adesso si sblocchino le immissioni in ruolo sui posti in deroga da anni per il personale specializzato in Italia e l’accesso libero al Tfa sostegno o l’aumento consistente dei numeri di ammissione“, dice il presidente nazionale Marcello Pacifico.
Il sindacalista autonomo, nel corso del suo intervento su Orizzonte Scuola Tv, ha affermato che “è inutile vietare i contratti a chi è in attesa di riconoscimento titoli estero. Secondo noi là dove il titolo è stato in passato riconosciuto il ministero deve dare la possibilità di compensare. Non ha senso guardare caso per caso se vi sono già stati riconoscimenti. Abbiamo un vero problema: bisogna guardare al diritto allo studio degli alunni con disabilità.
Abbiamo 70mila docenti di sostegno non specializzati. Bene, abbiamo appreso che il ministero vuole aumentare il numero dei posti a disposizione per il Tfa sostegno, ma per noi devono essere aumentati di tanto, almeno 50 mila posti sono necessari”.