Il mondo della scuola continua a interrogarsi sul PNNR, mettendo sotto la lente di ingrandimento tutti i suoi aspetti. E in molti casi l’esame si conclude con una sonora bocciatura.
A prendere posizione contro la scuola 4.0 sono stati nei giorni scorsi gli studenti e gli insegnati del Liceo Albertelli di Roma.
Al tema è stata dedicata un’assemblea aperta, al termine della quale sono state espresse tutte le riserve in un documento sottoscritto anche dai genitori.
LE RAGIONI DEL NO
«La critica espressa dal Consiglio d’Istituto – si legge nel comunicato – non è limitata ai due specifici progetti disegnati per il Liceo Albertelli ma riguarda tutto l’impianto del Piano “Scuola 4.0”. Ossia la digitalizzazione integrale del processo di insegnamento/apprendimento, la frammentazione del gruppo classe, la disarticolazione ed esternalizzazione della didattica». A non piacere è inoltre «l’assoggettamento della scuola pubblica alle necessità dell’industria, la riduzione degli studenti da soggetti in formazione a consumatori e forza-lavoro, la trasformazione dei docenti in facilitatori per la fruizione di format didattici digitali».
Viene quindi ribadita la necessità di «continuare a ragionare in modo ampio sul processo di stravolgimento delle finalità stesse della scuola pubblica disegnata dalla Costituzione, sulle risorse di cui la scuola ha un bisogno reale e vitale, su ciò che la scuola ha veramente necessità di cambiare, sulla scuola che vogliamo».
Viene infine ricordato che i problemi reali della scuola non sono toccati dal PNR, come i tagli, le classi sovraffollate, gli edifici fatiscenti e la carenza di personale stabilizzato.
LA PROTESTA DILAGA
Dopo l’Albertelli più scuole hanno preso posizioni analoghe, come il Liceo Artistico Frattini di Varese, sottoscrivendo le posizioni espresse. «In questo mese abbiamo verificato che vi è un gran bisogno di comprendere e discutere insieme – viene spiegato – I numerosi attestati di solidarietà e l’ampia condivisione delle nostre critiche che ci sono giunti da ogni parte d’Italia rappresentano un chiaro segnale dell’esistenza di un dissenso diffuso che ha bisogno d’incontrarsi ed esprimersi».
Alberto Barelli